Tutti gli errori di Interstellar
Una lista di buchi per Interstellar
Eccoci qui ad analizzare Interstellar.
Ogni film, a suo modo, ha pregi e difetti (chi più dell’uno, chi più dell’altro) e non riconoscerli sarebbe stupido e presuntuoso. Solo che i pregi spesso ci vengono URLATI in faccia dai critici prima ancora che il film esca; i difetti sono lì pronti ad essere tagliuzzati minuziosamente, ma vengono –spesso- tralasciati.
Nolan ha il pregio di creare un film di tre ore che non annoia (quasi) mai, che ti tiene attaccato alla poltrona facendoti chiedere “ma dove diavolo vuole arrivare?”. L’aspetto visivo del film, poi, è di grande pregio. Ma. Quando sono uscito dalla sala moltissima “ma” mi frullavano in testa. E quindi ecco una lista dei difetti di un film che è stato chiamato capolavoro ancor prima di uscire (che sono cose, queste, che proprio fanno andare di traverso i popcorn).
Dieci motivi per riguardare Interstellar in chiave critica. O odiarmi.
1- Buchi di trama: Oltre all’incredibile buco nero che tutto risucchia, il film è un ammasso gorgogliante di buchi di trama sapientemente distribuiti qua e là, quasi a voler confondere lo spettatore. E non parlo del buon Matthew McConaughey che parla attraverso la gravità alla sua bimba del passato e poi viene ritrovato vivo a fluttuare nello spazio, no, queste sono cose che puoi anche accettare, se accetti di vedere un film di fantascienza.
Abbiamo accettato cose molto peggiori in passato: penso a Armageddon, che sostiene che sia più facile addestrare un gruppo di trivellatori con la terza media a fare gli astronauti, piuttosto che un gruppo di astronauti a far partire una trivella. Mi riferisco a parti intere di film grossolanamente inutili, come l’inseguimento di un drone indiano nei campi di grano, o tutta la parte dedicata a Matt Damon, completamente senza senso. Per non parlare del ridicolo dialogo coi professori di Murph, fatto solo per far dire al nostro Matthew quattro cose carine sullo spazio.
Come se non bastasse, Nolan ha clamorosamente lasciato perdere i dettagli, come se si fosse detto che in film con un buco nero che parla nel tempo chissefrega dei dettagli. No, Chris, non funziona così. Il piano B, per esempio, prevede che Anne Hathaway incubi da sola i milioni di embrioni scaricati sul pianeta insieme a lei ed al robottino, giusto? In un mondo dove, a quanto pare, non esiste più neppure l’ecografia.
Oppure gli uffici burocratici costruiti di fianco (ma che dico, quasi dentro) alla rampa di lancio dove i reattori del razzo bruceranno qualunque cosa, alla partenza. E ancora, le navi spaziali con cui nel finale l’umanità è portata in salvo, dove lo spazio è relativo (wait: avete superato il tempo e la gravità, non lo spazio!) e possiamo permetterci di costruire campi da baseball e case di legno. Oppure la birra. In un mondo dove non è rimasto altro che grano perché la siccità ha bruciato tutto. La birra. Bevuta come fosse una cosa normale, non come se fosse l’ultima cazzo di birra al mondo!
Mi duole dirlo, ma sono queste le cose che fanno la differenza fra un mestierante ed un grande regista.
2- Buchi di personaggi: con la sola, splendida, eccezione di Cooper interpretato da Matthew McConaughey, tutti gli altri personaggi sono abbozzati, senza spessore e senza alcuna evoluzione, rimanendo alla forma larvale di stereotipi. Il professore che nasconde un segreto (Micheal Caine), i compagni di volo, cioè il nero con un nome ridicolo ed il bianco mediamente carino che muore subito, il figlio arrabbiato e stupido, la figlia intelligente ed arrabbiata ma neanche troppo, la patata lessa (Matt Damon). Il personaggio di Amelia Brand (Anne Hathaway) sembra avere un evoluzione, ma non è così. Ha un vero e proprio scarto schizofrenico di idee: da un minuto all’altro passa da “scienziata integerrima” a “l’ammore ci salverà tutti”. E niente in mezzo, ma come? Neppure un passaggio graduale?
3- Buchi di attori: si potrebbe fare un copincolla del punto numero 2. Matthew McConaughey si tiene il film sulle spalle da solo, si porta a spasso per lo spazio tutti gli altri ed trova tempo anche per qualche comic relief. Matt Damon, poi, è costretto a recitare la parte di un superscienziato nel corpo di un giocatore di rugby imbolsito. Secondo per intensità di interpretazione sicuramente il robot TARS, forse la miglior invenzione di tutto il film.
4- Buchi di Anne Hathaway: va così male che si merita un punto della lista da sola. Lacrimosa, perennemente sull’orlo di una crisi di pianto, con una gamma di emozioni che va da “sono tristissima, quasi depressa” a “sono viva per miracolo, ma ho il ciclo quindi sono depressa”. Non si può vedere. Non ho mai ritenuto fosse una brava attrice, ma qui offre il peggio di sé. Ti aspetti per tutto il tempo che inizi a cantare “I dream a dream”, perché praticamente interpreta Amelia come fosse Fantine. E sono pure pettinate alla stessa maniera (cambia solo il numero di denti). Sorridi! Sei viva! E con alcuni milioni di embrioni da incubare!
I dream a dream of a bunch of embryos
5- Buchi di Kubrick: dovremmo smetterla di guardare al passato e di volerci confrontare con esso. Si possono fare film di fantascienza senza provare a paragonarci con 2001: Odissea nello spazio, peraltro inarrivabile. E invece no, Nolan cade nel tranello di volersi mettere a confronto, di fare il proprio 2001. Il problema maggiore, però, è che questo rapporto risiede in una serie di ammiccamenti al pubblico, fatti solo per richiamare l’idea di Kubrick. Nella sostanza, invece, Interstellar è ben altro rispetto a 2001: Odissea nello spazio. Ugualmente, ci becchiamo un’astronave circolare *blink*, nello spazio senza suoni *blink blink*, con una colonna sonora di musica classica *blink blink blink* (deve essermi andato qualcosa nell’occhio). Anche le inquadrature tendono ad essere varianti sul tema, a partenza da Kubrick, basti pensare ai primi piani di Cooper con le luci colorate che riverberano sul vetro della tuta.
L’unica, a mio avviso, citazione ben riuscita di Interstellar è TARS, il robot che riprende nelle fattezze il monolite di 2001. Anche da un punto di vista di filosofia del film. Il monolite era una struttura aliena capace di portare la civiltà (coi suoi pro e contro) all’uomo; in questo caso il monolite è una struttura creata dall’uomo per aiutarlo a portare la (propria) civiltà su di un pianeta alieno. Cinque alto Nolan per questa idea!
6- Buchi di telefonate a Matt Damon: come già accennato, la lunghissima parte dedicata a Matt Damon/Dottor Mann è inutile e serve solo ad appesantire la trama. Come se non bastasse, la figura del Dr. Mann viene chiamata in causa fin dal primo incontro fra Cooper ed il Prof Brand e da lì altre mille volte, solo per dire quanto fosse bravo -il più bravo-, coraggioso e quanto credesse nella missione, spesso senza una reale utilità nel discorso portato avanti in quel preciso momento. L’effetto è di farti venire (noia e) sospetto che la storia non finisca lì. Quando lo incontrano, infatti, TAC, li tradisce! Come tutti si aspettavano per quell’aria di attesa che è stata creata fin da principio. Se l’idea era realizzare un colpone di scena, è fallita. Miseramente. (Andrebbe messa al punto 1, ma aggiungo qui una mia perplessità pertinente: se sei il più intelligente della terra, Dr. Mann, perché colleghi a cazzo la tua navetta alla base facendo saltare in aria tutto e sapendolo? Dubbi che non supereranno mai l’orizzonte degli eventi)
7- Buchi di spiegoni: Nolan ha provato a millantare una scientificità accurata nel suo film, la cui sceneggiatura si è avvalsa di scienziati veri, astrofisici ed esperti di buchi neri. Verso i quali (scienziati, non buchi neri) tutti noi proviamo un po’ di pena, visto il risultato di totale ascentificità (mica dico solo per lo spazio, anche per la fisiologia umana: vedi i soliti milioni di embrioni). Vista la mancanza di scienza, Nolan decide di affidare tutto agli spiegoni, come nei film di fantascienza degli anni ottanta – con la differenza che questi non si piccavano di essere capolavori figli legittimi di Kubrick. E quindi fuori lavagnette con pennarelloni colorati e fogli a quadretti e matitone! Sembra la spiegazione del piano di volo di Armageddon, fatto coi modellini dei pianeti e con il piccolo shuttle mosso a mano… Per i non addetti ai lavori, la spiegazione del wormhole fatta col foglio piegato e bucato con una matita viene presa pari pari da Punto di non ritorno, film non memorabile degli anni novanta.
8- Buchi di traduzione: dico solo una parola, tesseratto. E aggiungo che dovrebbe essere vietato dalla convenzione di Ginevra. Ci sarà un motivo se quei volponi della Marvel, che di cinema non capiscono granché ma di marketing ne capiscono a pacchi, hanno sempre preferito non tradurre il vocabolo inglese e lasciarlo, anche in italiano, indicato come “tesseract”. La ragione chiara è che il tesseratto mi ha permesso di ridere per gli ultimi 20 minuti di Interstellar, perdendo ogni partecipazione al pathos della trasmissioni di dati attraverso un orologio fermo che comunica nel tempo con la gravità mossa dall’amore. O qualcosa del genere.
9- Buchi di finale: il retaggio che ciascuno si porta dietro prima o poi salta fuori. Puoi anche volere fare un film impegnato, colto, con una morale, ma alla fine rimani un americano medio a cui piacciono i film d’azione (e non c’è niente di male in questo). Quindi nel finale fai partire i due soci, Cooper e TARS, in una nuova avventura, dove tutto è gigioneggiamenti e rapide fughe per rubare una piccola navicella e raggiungere Amelia che sta incubando il solito milione di ovuli senza ecografia. Davvero, c’era bisogno di finire così? Non bastava bersi una birra (che non esiste più) sulla veranda della tua casa ricostruita su una nave spaziale?
10- Buchi di sicumera: l’ultimo punto è la causa di tutti i punti precedenti. Quando vai a vedere un film di fantascienza, fai un patto col regista: acconsenti ad accettare una serie di compromessi e stratagemmi. Fa parte del gioco. E lasci correre anche le imprecisioni, gli errori, le incongruenze, grazie a quel patto. Quando un film, però, si presenta come capolavoro (non solo per colpa del regista, ma anche della stampa), come film capace di rivoluzionare il mondo del cinema e di farci aprire gli occhi verso un’esperienza sensoriale nuova, allora il patto viene meno. Perché il patto si basa sulla reciproca fiducia ed umiltà: se manca l’umiltà da una delle due parti, manca anche la fiducia. Se Nolan avesse presentato un film di fantascienza qualunque, non sarei stato qui a fargli le pulci. Ha sentito, invece, il presentare il film come qualcosa di grande, inarrivabile, completo. Con una tale aspettativa, devi essere perfetto per davvero. Altrimenti vengo a dissezionare la tua opera il mille pezzi e quello che trovo potrebbe non piacerti.
[…] ai più coraggiosi, e consiste nel guardare Interstellar nel bere uno shot ogni volta che si apre un buco di trama o viene pronunciata una cazzata pseudoscientifica. Vince chi riesce a ricordare i nomi dell’equipaggio più a lungo (sì, anche quelli del nero […]
[…] completamente diversa, anche in quei film che un minimo di scientificità la meriterebbero (Interstellar, mi leggi?). Ed ora siamo qui a farci insegnare da un cartone animato (NON un film per bambini, si […]
[…] con una spiegazione con una matita che buca un foglio: altra citazione da Punto di non ritorno, che ritroviamo anche qui – e niente, il foglio bucato piace da […]
[…] Odissea nello Spazio di Kubrick è chiaro, soprattutto per alcune inquadrature sovrapponibili, ma a differenza di Interstellar, Arrival è in grado di affermare la propria autonomia intellettuale e cinematografica. Il netto […]
[…] stretti mutande e reggiseni, Nolan è tornato. E affronta per la prima volta il dramma di guerra. Nolan tende a lasciarmi sempre tiepido, incapace di condividere l’esaltazione febbrile della masse, ma sicuramente merita di essere […]
Riguardo gli embrioni nel film Amelia dice chiaramente che ne avrebbero fatto sviluppare dieci e una volta adulti avrebbero proceduto a svilupparne altri in modo da ottenere una colonia di un centinaio di persone in trent’anni.
Ma già dieci parti su un pianeta sassoso in compagnia di un robot monolite in una cultura che non usa neppure la risonanza perché è tornata alla monocultura potrebbero non essere proprio agevoli……;)
È triste vedere persone che insultano un capolavoro perché non arrivano a capirlo. Tante righe di critica prive di qualunque argomentazione. Riguardo alla non scientificità suggerisco all’autore di lasciar parlare di Fisica quelli che Fisica la studiano. Se vorrà delle delucidazioni sulle previsioni teoriche della metrica di Kerr oltre l’orizzonte di Cauchy sarò felice di dargliele, ma ovviamente non accadrà dacché questo sfogo, così amaro, è palesemente frutto di un odio incondizionato che ripudia ogni ragione.
È triste vedere come l’ironia si sia persa oltre l’orizzonte degli eventi.
Speriamo che il capitolo di fisica sull’amore possa aiutarci a bucare al meglio i fogli ripiegati!
A parte l’arrogarsi presuntuosamente il diritto di criticare il modo in cui si farebbe evolvere un personaggio in 2 ore – e critiche su regole cinematografiche generali di cui non siete minimamente competenti – l’articolo è interessante.
Rilassati, è un film di fantascienza che come altri da spunti per riflettere. Altrimenti si guarderemmo un docufilm (che anche lì ci sarebbe da dirne. Con tutto rispetto ai documentaristi che sputano sangue)
A me non è mai andato giù che non dessero nessuna spiegazione sul destino di flora e fauna marina, e del mare e dei fiumi e dei laghi in generale, dai quali potevano continuare a trarre cibo e ossigeno.
Ma la peggiore contraddizione si consuma in pochissimi minuti: non vanno sul pianeta di Edmond, più lontano e più promettente (e più lontano dal buco nero, quindi più sicuro) perchè ci vorrebbero mesi, ma vanno sul pianeta di Miller perchè è vicinissimo, salvo poi spiegare che nel migliore dei casi sprecheranno comunque due anni per via dello slittamento temporale!
E allora perchè non scartare questo pianeta invece di sceglierlo per primo?