La musica violenta di Whiplash!

La musica violenta di Whiplash!

whiplash
“Are you a rusher, or are you a dragger or are you gonna be on my fucking time?”

Ho sempre avuto un debole per i personaggi dei cattivi nei film. Fin da bambina, invece di girare per casa cantando “salacadula magicabula bibbidibobbidibù”, io intonavo a squarciagola la canzone di Ursula, che era la mia cattiva preferita dopo Scar: “In passato sono stata un po’ cattivaaa”

Perchè, si sa, per fare un buon eroe ci vuole un ottimo villain. È la ricetta base di tutti i film del genere: prendi un personaggio positivo, dagli uno scopo, un mezzo, e già che ci sei un aiutante simpatico. Poi prendi un antagonista, dai anche a lui uno scopo, un mezzo e, se lo ritieni necessario, un aiutante stupido. Shakera bene e servi senza giaccio. Il tasso di crudeltà, eroismo e credibilità può variare in base al pubblico di riferimento.

Ma se decidessimo di stravolgere le regole ed eliminare un ingrediente? Se, ad esempio, al posto dell’eroe positivo mettessimo un sociopatico arrogante? E se il suo scopo non fosse quello di salvare il mondo, ma solo quello egoistico di raggiungere un obiettivo personale?

Il cattivo diventerebbe il personaggio principale, esatto. La rivincita del villain.

J.K. Simmons in Whiplash è un villain esemplare: il suo personaggio, Terrence Fletcher, è Whiplash, e Whiplash è Terrence Flatcher.

Il resto è contorno. Fletcher/ Simmons regge quasi da solo il peso del film, dettandone il ritmo sia allo spettatore sia al suo antagonista all’interno della storia, il giovane batterista Andrew Nieman, interpretato dal bravo Miles Teller, che tuttavia sembra rimpicciolire davanti all’intensità dell’interpretazione di Simmons.

whiplash j.k. simmons
Voldemort me fa ‘na pippa

Sempre rigorosamente vestito di nero e sempre pronto a improvvisi scatti d’ira, Terrence Fletcher è un musicista jazz e un insegnante in una prestigiosa scuola di musica di New York. I suoi metodi portano gli studenti, nel migliore dei casi alle lacrime, nel peggiore al suicidio. Nel mezzo sudore e sangue. E non intendo metaforicamente.

Andrew invece è un batterista al primo anno, dotato di un’indiscutibile dose di talento, di sconfinata autodisciplina e forza di volontà, e di un atteggiamento di spocchiosa superiorità verso chiunque non ritenga essere al suo livello. Vale a dire verso il mondo intero tranne Fletcher e una manciata di musicisti jazz deceduti negli anni d’oro (in gran parte morti a causa di dipendenze da droga e alchool), venerati e presi da Andrew come modello di riferimento.

Il regista Damien Chazelle si diverte a stravolgere le regole: non solo non c’è un personaggio positivo con il quale lo spettatore possa identificarsi, anche il contesto in cui si svolge l’azione sovverte ogni cliché di genere. Whiplash parla del rapporto tra un allievo e il suo maestro ma non è un film di formazione (nessun genitore al mondo vorrebbe trovarsi al colloquio insegnanti Terrence Fletcher, né tantomeno vorrebbe un figlio sociopatico come Andrew). Chazelle segue piuttosto lo schema dei film d’azione, ma ambienta la storia in una scuola di musica: non ci sono armi ma strumenti musicali, non c’è un ring ma un palcoscenico, non c’è sangue ma… ah no, quello c’è.

whiplash
Sudore e Sangue

Perfino New York è rappresentata in modo insolito: un’iniziale carrellata di immagini della città con sottofondo jazz non può non far pensare a Manhattan di Woody Allen, ma in questo caso la telecamera si concentra su palazzi popolari, rifiuti e contrasti di luce. Non compare mai la New York dei grattacieli, di Central Park, e dei locali alla moda.

Quello che invece non manca nel film di Chazelle è la tensione. Per tutta la durata del film, dall’ingresso in scena di Simmons fino al bellissimo climax finale, è un crescendo di tensione narrativa, con pochissime scene in cui poter riprendere fiato. È esattamente come dovrebbe essere in un thriller ben fatto.

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Il ritmo sostenuto e travolgente è l’aspetto migliore del film, ed è anche il punto d’incontro tra il cinema e la musica. Pur essendo onnipresente, infatti, la musica non è il tema principale di Whiplash. I due piani espressivi si incontrano solo a livello narrativo, nel ritmo. Sicuramente ha giocato un ruolo fondamentale il fatto che Chazelle avesse studiato musica e suonato la batteria prima di dedicarsi al cinema, perché è sorprendente come riesca a intrecciare il ritmo cinematografico a quello musicale. Sfruttando inquadrature ravvicinate, primi piani e dettagli dei protagonisti, ma anche il ralenti, il regista riesce in qualche modo a trasmettere al film il ritmo del jazz che i personaggi stanno suonando.

Parte del merito di questa fusione tra cinema e musica va riconosciuto anche alla fotografia (di Sharon Meir), che, concentrandosi sui toni del giallo e sfruttando molto il chiaroscuro, sembra avvolgere tutto nella musica jazz che fa da sottofondo.

Che “tutti quanti, tutti quanti voglion fare il jazz” lo sapevamo già da tempo, ma Whiplash sembra dirci che solo pochi riescono a farlo davvero.

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Titolo originale: Whiplash

Regia: Damien Chazelle

Anno: 2014

Cast: J.K. Simmons, Miles Teller, Paul Reiser, Melissa Benoist, Austin Stowell, Nate Lang

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