Sospeso nello spazio e nel tempo, al cinema

Sospeso nello spazio e nel tempo, al cinema

Chi sono questi fantasmi? Ah già, siamo noi al cinema

Come si guarda un film? Esiste una etichetta, un codice morale o etico, una sorta di decalogo, un galateo, su come un film andrebbe guardato, che noi contravveniamo spesso e volentieri?

La nostra maniera di guardare un film è cambiata, insieme col cambiare dei tempi e l’evolversi della tecnologia. Guardare i film dal pc, in dvd, oppure on demand o in streaming (quello legale, mi raccomando bambini, che altrimenti mamma vi sculaccia ed arriva l’uomo nero), magari mettendo in pausa perché bisogna scolare la pasta, è ormai diventata routine. Finanche YouTube mette a disposizione una serie importante di film interi – e sembra quasi declassarli! Eppure il cinema è nato diversamente, come intenti e fruizione. Ce lo ricorda un certo Quentin Tarantino, che ha deciso di girare il suo ultimo film in 70 mm Ultrapanavision. Il vecchio Quentin, non più idiot savant, ma estremamente conscio delle sue azioni (mi spiace, ma sono gli ultimi film quelli in cui dimostra di essere davvero capace di fare cinema, smettiamola di piangere su Mia Wallace!), gira un film che deve essere proiettato in una sala cinematografica, e neppure in tutte: solo in quelle capaci di avere uno schermo GIGANTE e un sonoro pazzesco.

Io ce l'ho più grosso. Lo schermo.
Io ce l’ho più grosso. Lo schermo.

Non è la follia edonista di un cinefilo e neppure si esaurisce nella regia magistralmente teatrale e nei campi lunghi o nei diversi piani su cui recitano i personaggi. Tarantino invia anche un messaggio, che riguarda come un film dovrebbe essere guardato. Il film è un rito e come tale necessita di essere fruito in un tempio adeguato, la sala cinematografica. Tra le tante forme di arte, il cinema è sicuramente quella che più di altre richiede un luogo dedicato e specifico. Fruirne in maniera differente sminuisce l’arte stessa che c’è in esso. Non si può interrompere un film (neppure il cambio pellicola di una volta, così teneramente vintage, che determinava l’intervallo fra i due tempi); non si può guardarlo a spizzichi e bocconi; non si può guardarlo su uno schermo piccolo. O meglio, si può. Ma sempre ricordandoci che non è nato per questo, che facendo così riduciamo il cinema a qualcosa di minore. E ci rimettiamo in bellezza.

 

Chi ha una certa età (come me) o ha vissuto i primi anni della sua vita in provincia (come me), certo non può non ricordare quelle vecchie sale parrocchiali che davano film in seconda visione, solo il sabato e la domenica – spettacolo pomeridiano per famiglie e serale; le sedie con la seduta ribaltabile, di legno smaltato che ti segavano la schiena, ma sulle quali potevi dondolarti, da bambino; il papà che ti copriva gli occhi nelle scene di violenza (che poi per coprirteli doveva prima rendersene conto, quindi ormai avevi già visto quasi tutto); l’attesa dei trailer; l’ingresso anche a film iniziato, che tanto poi potevi fermarti a vedere l’inizio alla proiezione successiva; le pesanti tende di velluto rosso stantio, per entrare in sala. Che ne sanno i multisala patinati! Ve lo ricordate? Se non lo ricordate, avete perso un pezzo bellissimo di infanzia, di vita. Che nessun film in tv, nessuno streaming vi potrà mai restituire.

 

Che cosa rende il cinema così speciale? Innanzitutto la sua assoluta unità temporale e spaziale. Un libro, per quanto immaginifico e portatore di immagini, può essere chiuso in qualunque momento (anche quelli che abbiamo letto in una notte sola). Il film vive del suo tempo unico: esiste in quel momento ed in quel luogo (la sala cinematografica). Vive in un tempo definito, che non dovrebbe essere interrotto o ridotto. Lo spazio è ugualmente importante, perché tende ad annullare l’esterno. La sala cinematografica è come un utero, come una “vasca di deprivazione sensoriale”, che tanto piaceva negli anni settanta (quella di quell’orrore di film diventato per qualche strana ragione un cult che si chiama Stati di Allucinazione – da cui viene ripresa una delle prime puntate della serie Fringe, a dimostrazione che del trash non si butta via nulla).

Sovrimpressione di vita
Sovrimpressione di vita

L’altra caratteristica, infatti, del cinema è la stimolazione spiccata di alcuni sensi e la contemporanea abolizione degli altri. La lettura stimola il senso dell’udito, anche quando parla per immagini. Il linguaggio letterario è, per sua natura, un linguaggio in primo luogo dell’udito e solo secondariamente della vista: il salto udito-vista necessita uno sforzo. Solo gli autori migliori riescono a rendere l’udito vista, le parole immagini. Questo passaggio manca totalmente nel cinema, che sfrutta un linguaggio primariamente visivo e solo secondariamente uditivo – inizialmente il cinema non aveva suoni, come è noto. Gli altri sensi sono, poi, completamente aboliti, a differenza della lettura, con la quale vengono mantenuti solo a livelli più bassi (lo so che anche voi annusate i libri, ne toccate la costa e la copertina, sentite le pagine fra le dita). Questo col cinema non può e non deve avvenire.

 

Chi ha una certa età (come me) o ha vissuto i primi anni della sua vita in provincia (come me), avrà anche passato i primi appuntamenti galanti al cinema. I più fortunati – davvero tanto in provincia –  avranno potuto fare anche i primi approcci, durante i film (leggi: stimolazione sensoriale): senza fare troppo rumore, nelle ultime file, con gli occhi aperti per controllare che nessuno se ne accorga – o per continuare a guardare il film, il biglietto era pagato! In pochi, probabilmente hanno avuto la possibilità di vedere Riding Giants, bellissimo documentario sul surf. Non credo sia rimasto nelle sale a lungo, ma era il tipico film da appassionati o da coppiette. O da guardoni. Io al cinema ho fatto quasi di tutto, lo ammetto. “Vieni da me a vedere un film in streaming” non ha lo stesso afflato romantico.

Gradisca questo approccio sensoriale!
Gradisca questo approccio sensoriale!

Il cinema stesso si è reso conto di queste caratteristiche e molto spesso ha girato scene dentro le sale cinematografiche (Woody Allen ne è un esempio lampante, ma anche Tarantino con Inglorious Basterds,  Fellini, Tornatore, solo per citarne alcuni). La risultante di queste peculiarità è una stimolazione molto efficace dell’immaginazione e dell’emotività. L’attenzione focalizzata e selettiva che costituisce il cinema, associata alla deprivazione di stimoli sensoriali esterni, porta ad una facilità emotiva maggiore, ad una capacità di immedesimazione maggiore. Quanti di voi hanno pianto davanti ad un film? Alzate la mano! Eccone uno, eccone un altro. Quanti di voi hanno mai pianto davanti ad un quadro? Eppure viene sfruttato il medesimo canale sensoriale. A differenza di altre forme artistiche, però, il cinema crea un connubio quasi perfetto, che si può ottenere solo ed esclusivamente se fruito nella maniera corretta ed originale. La bellezza di un film è completa solo nell’atto di andare al cinema, non dimentichiamolo.

Buio in sala.

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