In the wee small hours | Frank Sinatra – Volevo essere Ava...

In the wee small hours | Frank Sinatra – Volevo essere Ava Gardner

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Immaginavo di dare il primo bacio sulle note di Strangers In The Night di Frank Sinatra, anzi ero più ambiziosa. Pensavo di limonare prepotentemente sul “do-be-do-be-do“, in chiusura.

Ça va sans dire, nessun intrigante dalla voce baritonale, fenotipo di come si indossa un tuxedo, si beve uno scotch, si fuma una sigaretta o si corteggia una donna.

Ridimensionate le aspettative, cercando di avere un maggior contatto con la realtà, sognavo di essere Ava Gardner.

Ava Gardner

Una bellezza “notturna e dolente”, occhi di un verde intenso, come la Cadillac che guidava, la sera dell’11 febbraio del 1949. Le si affiancò un’auto nera, al volante c’era Frank Sinatra. Iniziò così la loro relazione, con un flirt tra asfalto e sorpassi.

Sei anni di matrimonio tra il 51 e il 57, in cui i rapporti di forza si capovolsero. Lui tentò due volte il suicidio, perse la testa per la mora ferina e la sete di successo, mentre la sua stella si stava già appannando, lei esplodeva sulla scena e nel cuore di Mr Blue Eyes.

Non sempre vita privata e professionale procedono in sintonia. Venne abbandonato dalla Columbia Records, elemosinava serate nei locali, registrando il suo one man show.

Eppure, nella miseria erano felici. L’ effimero idillio si interruppe quando Sinatra firmò per la Capitol Records. Un anno, senza anticipo, tutto a sue spese, orchestra compresa. Lavorò con l’arrangiatore Nelson Riddle, che gli fece cambiare direzione, lanciandolo negli anni 50. Il  ritmo trasognato degli ultimi anni venne sostituito da un suono più ritmico e cool. Il dio arrogante –come spesso Ava lo definiva- era tornato. Furiosi litigi, tradimenti e appassionate riconciliazioni.

Il successo li allontanò. Troppo simili per stare insieme.  Tuttavia, la fine, per quanto annunciata, distrusse entrambi.

Sinatra- Gardner

The Voice cercò di combattere la depressione con quello che si può annoverare come capolavoro ed eredità: In the Wee Small Hours.

Il primo 78 giri, considerato anche il padre del “concept album“. Non più una collezione di canzoni, ma ordinate per titolo per creare una narrazione.  16 ballate non sempre di facile ascolto, il lato B è quello che stanca maggiormente. Un vagare nella notte, con una sigaretta lasciata bruciare tra le dita e lo sguardo malinconico, introspettivo.

Appena risuona In the Wee Small Hours, capiamo che il crooner sta soffrendo. La sua voce non è più sostenuta dall’ ostentata mascolinità, ma gentilmente invecchiata dalla solitudine. When your lonely heart has learned its lesson/ You’d be hers if only she would call/ In the wee small hours of the morning/ That’s the time you miss her most of all.

Quelle piccole ore sono blu, come la sua Mood Indigo (cover dell”originale di Duke Ellington). Un umore indaco, in bilico tra malinconia e nostalgia. Tuttavia non si arriva mai al martirio, non si intravede quel tumulto lacerante di Chet Baker o la disillusione di Bob Dylan in Time Out of Mind. Frank è un uomo che indossa una maschera e cela elegantemente i propri sentimenti in uno smoking. Non accusa altri per la sua situazione, rendendo la sua accennata oscurità più avvincente.

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Questa visione emerge in Glad To Be Unhappy. Il testo mette al bando il pietismo, prevale un sarcastico disprezzo di sè “Se avessi il senso dell’umorismo, se ne potrebbe ridere“.

Si aggrappa al sentimento per l’ex, pensando che, anche se il suo è ormai un amore unidirezionale, è l’unica ancora di salvezza e per un brevissimo istante la distanza sembra appianata. Unrequited love’s a bore/ And I’ve got it pretty bad/ But for someone you adore/ It’s a pleasure to be sad

Tuttavia segue la consapevolezza di non essere ricambiati, Fools rush in, so here I am.

Gli arrangiamenti di Riddle scivolano e avvolgono fantasiosi con un tappeto orchestrale I’ll Wind, in cui i toni sognanti (What Is This Thing Called Love?) e disperati (When Your Lover Has Gone) per un possibile ritorno, sembrano soffiati via dalla rabbia. Sono sentimenti mutevoli, illuminati da Can’t We Be Friends?, in cui Sinatra scende a patti con l’amarezza, rassegnato dalla fine. La voce assume piena dimensionalità, si fa sempre più smooth and soothing.

I thought I found the gal I could trust/ What a bust, this is how the story ends/ She’s gonna turn me down and say,/ “Can’t we be just friends?”

Tuttavia c’è ancora spazio per I Get Along Without You Wery Well. Le parole non sono mai di Frank, ma si fonde con esse e le innerva della sua esperienza, cercando di convincerci/si di non amare più Ava. I’ve forgotten you just like I should/ Of course I have/ Except to hear your name/ or when someone’s laughs the same/ But I’ve forgotten you just like I should.  Eppure, una donna così, penetra sottopelle, indelebile nella sua femmnilità disinibita e in una sorta di For Ava, Forever ago, lei continua a danzare overhead on the ceiling near my bed.

È tempo di congedarmi, dopo avervi afflitto. Salgo sul mio bolide (mini), fantasticando che un ipotetico Franco mi faccia accostare e -con sguardo carico di dolcezza- mi dica: ” Hai lasciato la monnezza sul tettuccio”. La raccolgo e canto Strangers in the night, ma vaff….

 

Artista| Frank Sinatra

Album| In the Wee Small Hours

Etichetta| Capitol Records

Anno| 1955

Durata| Lato A 24:58

            Lato B 24:56

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