Il Favoloso Mondo Di Amelie

Il Favoloso Mondo Di Amelie

Esistono al mondo situazioni, personaggi, opere, o perfino sapori in grado di dividere le opinioni: o li ami o li odi. Ne sono un esempio i romanzi di Fedor Dostoevskij, i film di Quentin Tarantino, andare in campeggio, o ancora, per rimanere in tema con la frutta di stagione, i cachi. (Non i cachi-mela eh, che le mezze misure fatte per accontentare tutti non valgono).

Il favoloso mondo di Amelie”, film di Jean-Pierre Jeunet del 2001, appartiene a questa categoria. Straordinario successo in Francia e in Europa, candidato negli Stati Uniti a cinque nomination per gli Oscar nel 2002 (tra cui miglior film straniero), ma nessuna statuetta vinta, c’è chi lo ama e chi lo detesta. Inutile dirlo, io lo adoro (così come i cachi).

Premessa fondamentale per guardare questo film è una sospensione totale dell’incredulità da parte dello spettatore (o suspension of disbelief, che in inglese fa più figo). È chiaro già dalla primissima scena che il film non si propone di essere realistico. Tutto, dalla forte saturazione dei colori, all’espressività molto marcata dei personaggi, fino alla voce fuoricampo onnisciente, contribuisce a far precipitare il pubblico in un meraviglioso e surreale mondo, quello di Amelie appunto.

È lei la protagonista assoluta del film: un’intelligente sognatrice, cresciuta in solitudine già dall’infanzia a causa di una forte incomunicabilità con i genitori. La morte di Lady Diana è l’evento casuale che innescherà una serie di avvenimenti e pretesti per raccontare dell’incontro tra Amelie e Nino, un altro animo sognatore e stravagante.

Già dall’inizio del film appare evidente come il caso abbia un ruolo fondamentale nella vita dei personaggi (e di tutti noi): ogni situazione è frutto di un tale miscuglio di eventi, circostanze e decisioni che è impossibile pensare di riuscire ad avere il controllo su qualcosa.

Nino è ossessionato dalle risate strane e dalle fototessere scartate dalla gente, lavora in un sexy shop e fa lo scheletro vivente alle giostre: l’anima gemella di Amelie.
Nino è ossessionato dalle risate strane e dalle fototessere scartate dalla gente, lavora in un sexy shop e fa lo scheletro vivente alle giostre: l’anima gemella di Amelie.

La trama è una favola surrealista, apparentemente semplice nel contenuto, ma resa attraverso una straordinaria complessità narrativa e una serie di virtuosismi visivi che trascinano lo spettatore in un vortice di immagini, colori, dettagli e sfumature. Jeunet, come Amelie, vuole cogliere quei particolari a cui nessuno fa caso, insignificanti per il mondo esterno ma straordinariamente importanti nel film. Bellissima ad esempio l’idea di introdurre tutti i personaggi attraverso la descrizione della voce fuoricampo, che ne elenca brevemente le manie e i piccoli piaceri segreti della vita quotidiana: un collage che in pochi tratti disegna la personalità e coglie l’anima del personaggio, creando anche un legame con il pubblico. Chi, infatti, non ha le sue piccole manie? C’è chi mette le matite colorate in fila, chi cammina evitando le crepe sul cemento, chi annusa i libri nuovi… E vorreste dirmi che voi non avete mai mangiato una coppetta gelato finendo prima tutta la panna, perché il sapore del cioccolato è più dolce ed è bello lasciarlo per ultimo?

Allo stesso modo Amelie adora far rimbalzare i sassi sull’acqua e rompere la crosta della creme brulèe con il cucchiaino.

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Questa attenzione delicata ai piccoli piaceri quotidiani però non deve far pensare a un film tutto zucchero e buonismo. “Il favoloso mondo di Amelie” è tutt’altro: gli elementi fiabeschi sono stemperati da una forte carica ironica e irriverente, non si cade mai nel kitsch, nel sentimentalismo più banale e omologante.

Il film è anzi una critica a un certo tipo di cultura e alla società dei consumi moderna che tende a escludere dalla vita sociale ogni elemento di diversità e ogni affermazione d’individualismo: “Ognuno vive come gli pare, ma oggi sembrano tutte uscite da una fotocopiatrice” dice la proprietaria del caffè dove lavora Amelie. E di certo questo non vale per la protagonista, che, consapevole della sua diversità, non cerca di soffocarla ma piuttosto di assecondarla e di esprimerla, trasferendo un pochino della sua originalità nel mondo.

Il film è un misto di elementi surrealisti, colori impressionisti ed estetica cartoon.
Il film è un misto di elementi surrealisti, colori impressionisti ed estetica cartoon.

Il film contiene anche una critica al ruolo che gli organi d’informazione giocano nella costruzione della società: servendosi sempre di una forte dose d’ironia, il regista condanna il processo di mitizzazione di Lady Diana ad opera dei media. “Basta con Lady D, viva Renoir!” sbotta alla fine il pittore dalle ossa di vetro. A questo proposito la diversità di Amelie è ancora una volta evidente: inizialmente scossa dalla notizia della morte della principessa inglese trasmessa dal notiziario, sembra dimenticarsene pochi secondi dopo, quando trova una vecchia scatola di latta che nasconde i tesori d’infanzia del vecchio proprietario di casa. Il richiamo della curiosità e dell’immaginazione è più forte di quello della tv.

E “Il favoloso mondo di Amelie” è un elogio dell’immaginazione e della fantasia. È un collage perfetto dove ogni elemento è curato e niente è casuale: dalla sceneggiatura ai costumi, agli effetti visivi. L’estetica del film riprende elementi della pittura surrealista e impressionista francese, ma anche dei fumetti e dei cartoon. In particolar modo con le animazioni digitali e l’esasperata espressività dei personaggi, resa possibile da un ottimo cast di attori, fra cui spicca la protagonista, interpretata in modo impeccabile da Audrey Tautou.

La splendida ed evocativa colonna sonora composta da Yann Tiersen completa il quadro. Un perfetto, delicatissimo, collage surrealista.

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Titolo originale: Le Fabuleux Destin d’Amélie Poulain

Regia: Jean-Pierre Jeunet

Anno: 2001

Cast: Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Dominique Pinon, Jamel Debbouze, Clotilde Mollet, Isabelle Nanty, Serge Merlin

 

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4 COMMENTS

  1. Se mi dici che ci sono richiami alla pittura e al fumetto, dimmi anche in quali scene sono più evidenti; se mi dici che Audrey Tatou interpreta “in modo impeccabile” la protagonista, dimmi anche come, in quali atteggiamenti; se mi dici che la sceneggiatura e i costumi non sono casuali, dammi qualche dettaglio, altrimenti non capisco fino in fondo perchè il film ti è piaciuto e perchè dovrei vederlo o ri-vederlo, facendo caso a quello che hai scritto.
    Oppure scegli di eliminare qualcosa e concentrarti solo su uno o due aspetti che ti hanno colpito, affondando la lama fino in fondo anzichè sferzare tanti piccoli colpi superficiali che, in fondo, non ti ucciderebbero comunque 🙂

    • Ciao Paolo, eccomi qua! L’articolo l’ho scritto io! (grazie di averlo letto):
      Allora, quando dico che “l’estetica del film riprende elementi della pittura surrealista e impressionista francese, ma anche dei fumetti e dei cartoon” specifico subito dopo: “in particolar modo con le animazioni digitali e l’esasperata espressività dei personaggi, resa possibile da un ottimo cast di attori, fra cui spicca la protagonista”.
      Infatti è proprio l’espressività esagerata degli attori che mi ricorda l’estetica dei fumetti e dei cartoon, e in questo la Tautou è a mio parere molto brava. Molti sicuramente riterranno la sua recitazione troppo esagerata, ma secondo me è proprio questo il punto di forza di un film che, come dico all’inizio dell’articolo, non si propone di essere realistico.
      Anche le immagini che ho scelto per accompagnare l’articolo non le ho scelte a caso: in particolare in quella con Amelie addormentata l’intento è proprio quello di mettere in evidenza i colori saturi e la forma surreale della lampada – maiale umanizzato. Un’immagine che ricorda molto le rappresentazioni surrealiste. (vero è che quando leggo spesso anche io salto le didascalie delle immagini, quindi questo passaggio effettivamente può sfuggire!)
      Quando invece dici che non capisci perché il film mi sia piaciuto tanto, e che hai bisogno di maggiori dettagli, bé, se è così mi dispiace perché Amelie è uno dei miei film preferiti, ma mi sembra che tu ti sia concentrato solo sull’ultimo paragrafo.
      Amo questo film perché non è banale, perchè non è buonista (come ho sentito dire da molti), perchè fa ricordare a tutti i piaceri delle piccole cose, per la sua ironica critica alla società contemporanea, per l’importanza che assegna all’immaginazione e alla fantasia, per la colonna sonora… Insomma, per tutto quello che ho scritto! 🙂

  2. Paolo, è sempre bello discutere insieme degli argomenti per cui si ha un interesse sincero. Per questo motivo, avresti potuto aggiungere tu ulteriori spunti, citare le scene che secondo te dimostrano che quello che dice Monica è vero (o meno vero). Insomma, parlare del film come ti pareva e piaceva, in modo scettico o appassionato.

    La tua recensione della recensione, invece, francamente, non vedo cosa aggiunga e, senza offesa, a chi possa interessare. Non ti sembrerei fuori luogo e un po’ ridicolo io, adesso, se facessi la recensione del tuo commento? “Hai utilizzato formule retoriche trite e ritrite, mentre avresti potuto usare un linguaggio meno afflosciapalle”. Non mi sembra porti da nessuna parte. Il fantastico mondo di Amélie (come qualunque pellicola) merita altri discorsi, no?

    Sempre benvenuto quando vorrai parlare del film. Ciao Paolo, alla prossima

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