Francia | La Loira in bicicletta

Francia | La Loira in bicicletta

Lo Chateau de Chononceau

È andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese.”

Lo diceva quel genio scellerato ed irrequieto di Ernest Hemingway un secolo fa, e forse, in questi tempi frenetici di voli low cost e paesi esplorati nel battito di palpebre di un weekend, riacquisisce un’importanza fondamentale.

Così, quando ti trovi catapultata nel nulla della Francia continentale, lontana da una Parigi affollata e caotica, per cercare di imparare finalmente un francese che all’inizio un po’ sembra arabo, l’idea di esplorare la regione su due ruote comincia ad abitarti la testa. Sarà che in giro per Amboise, una cittadina tipicamente medievale che si specchia elegantemente sulla Loira, di biciclette se ne vedono un sacco: nelle soleggiate giornate di fine Settembre, quando già il turismo dovrebbe essersi ritirato per tornare alla tristezza di un ufficio, sotto al vecchio castello se ne trovano ancora a decine parcheggiate. Fuori dalle patisserie che fanno macaron con il caramello al burro salato da centinaia di anni, poi, non ne parliamo.

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Potrebbe destare stupore, all’inizio, scoprire che ci sia ancora chi si addentra nella campagna francese, tra i tantissimi castelli che punteggiano la Loira, su una bicicletta piuttosto che affidarsi a un più pigro tour in autobus. Chiaro, se lo scopo è collezzionarli tutti in pochi giorni, come a riempire un metaforico Album Panini, un classico hop-on, hop-off bus è d’obbligo. A noi, però, l’idea di sudare le colline e andare giù a ruota libera nelle discese sotto al tiepido sole di una domenica piace. Andiamo?

L’itinerario prescelto ha un nome diretto e semplice, nobilitato da un’accento francese meno snob di quello parigino: La Loire à Vélo. 800 kilometri di piste ciclabili perfettamente tenute che non solo collegano i maestosi e famosissimi castelli tra di loro ma che ti possono anche portare – certo, se hai le gambe per riuscirci – da Nantes ad Orleans nel giro di qualche giorno, tra colline verdeggianti, piccoli villaggi dall’aria abbandonata, boschi e, naturalmente, il fiume. La mia compagna di viaggio ed io, conscie dei nostri limiti fisici, optiamo però per un’avventura meno stremante: 15 kilometri da Amboise a Chenonceau, il “castello delle Dame” abitato nei secoli da regine ed amanti.

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Partiamo verso l’ignoto, sperando di riuscire ad orientarci seguendo soltanto i cartelli stradali di cui, si spera, la ciclabile dovrebbe essere costellata, mentre le campane della domenica suonano festose. Nella borsa soltanto quello che serve per godersi quella che potrebbe benissimo essere la nostra ultima giornata di vera estate. Acqua, pane alle noci caldo comprato al mercato locale, che nel giorno del Signore brulica di vita e di profumi, formaggio (in Francia, si sa, è vietato per legge non mangiare formaggio ad ogni pasto), qualche frutto, una guida turistica dei Castelli della Loira risalente agli anni ‘80 che i tuoi genitori ti hanno amorevolmente infilato in valigia. Una macchina fotografica, certo. Perchè sarà pure bello un viaggio lontano dal mondo, solo tu, i tuoi muscoli, la strada – e il pane alle noci. Però, come diceva quel vecchio dilemma filosofico: “se visiti un castello nel cuore della Francia e nessuno ti vede, l’hai veramente visitato quel castello?”.

“Tranquille, in un’ora e mezza di strada ci siete!” ci dicono quei due ciclisti gentili che, notando il nostro sguardo perso tra la folla, ci domandano dove dobbiamo andare. Ce ne metteremo, in realtà, quasi tre, ma apprezziamo comunque il loro ottimismo da persone dalle gambe allenate. La strada che ci indicano prosegue per qualche centinaio di metri alla luce del sole, per poi sfociare in una foresta. La canzoncina che ci salta in mente appena ci rifugiamo al fresco degli alberi non può che essere una sola. “Robin Hood e Little John van per la foresta…”

E urca urca, trillullero, il sol splende sul serio, mentre maciniamo con la giusta calma i chilometri che ci separano dalla nostra meta da fiaba. Alla penombra della foresta segue un tratto di strada gudurioso in discesa libera tra le colline stracolme di vigneti, di tanto in tanto interrotte da qualche manciata di vecchi case di campagna. Un venticello fresco – che in discesa diventa un principio di raffreddore – ci scompiglia i capelli. Attorno, soltanto quella placida tranquillità che si respira in mezzo al nulla. Discesa, salita. Salita, discesa. I muscoli delle gambe cominciano a lamentarsi, ma non puoi certo stare ad ascoltarli quando l’unico altro essere umano che hai visto nelle ultime ore è il proprietario di quella casetta estramemente instagrammabile che ti ha colto nell’atto di immortalare i suoi fiori, piantati all’interno di stivali di plastica a mo’ di vaso improvvisato. Sui piccoli cartelli stradali rossi, ottimi compagni di viaggio, vediamo il frutto del nostro sudore: finalmente, Chenonceau.

 

Casa molto instagrammabile.
Casa molto instagrammabile.

 

Tra i 42 castelli – grandi e piccoli, circondati da ettari di bosco o posti su una collina, mai abitati o riccamente decorati – che si susseguono lungo la Loira, lo Chateau de Chononceau trova un modo romantico di farsi ricordare: presentandosi subito come un luogo dove il tocco femminile, nei secoli, si è fatto sentire più che da qualsiasi altra parte. Quello che ci troviamo davanti, abbandonando le nostre biciclette al cancello d’ingresso e attraversando l’ampio viale costeggiato di giardini che porta all’edificio principale, è un quadro che potrebbe benissimo aver ispirato un classico Disney. Con uno stacco armonico tra il bianco delle mura e il blu acceso dei tetti, questo piccolo castello di “soli” tre piani, posa con nonchalance sul fiume Cher, un affluente di quello principale. Più dei giardini all’italiana che lo circondano e la loro adorabile simmetria, più degli ordinati alberelli che guidano verso l’entrata e i deliziosi mobili d’epoca che si possono ammirare tra le sue stanze, è però la storia che si respira in quest’angolo di mondo a distinguere Chenonceau da tutti gli altri. È l’idea che proprio a quelle finestre si affacciassero donne potenti come Caterina de’ Medici, signore dell’alta borghesia che vi intrattenevano geni del calibro di Voltaire e Rousseau, collezioniste d’arte. Chenonceau è il volto di una storia parallela a quella che siamo abituati a sentirci narrare – il volto femminile, spesso tanto affascinante quanto negletto.

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Mentre inforchiamo di nuovo le nostre biciclette – occhi colmi di bellezza, stomaci pieni di pane alle noci, formaggio e meritati dolcetti francesi consumati nell’ariosa Orangerie del castello, ciò che ci rimane non è soltanto una serie di scoperte interessanti e delle foto da attaccare all’agenda: è, piuttosto, la soddisfazione di essere arrivati in un luogo tanto bello prendendosi con tutta la calma del mondo. Sudando le colline, andando a ruota libera nelle discese. Imparando i contorni di un paese genuino, lontano dallo stereotipo metropolitano di una Francia ostile ed antipatica.

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