Lettere e sport. A parlarvene, una figura accantonata dalla contemporaneità iperatletica del chilometraggio disumano su Runtastic o delle sedute di crossfit che creano apprensioni persino alla S.W.A.T: la figura dello Scarso.

Lo Scarso ha due grandi alleati. Il primo è l’abbigliamento tecnico: quanto più sei scarso, tanto più vorrai mascherarlo con capi composti per l’80% da materiali ignorati dalla tavola periodica, con accostamenti cromatici così improbabili che nessuno noterà l’infarto incipiente dopo il primo km di corsa poiché intento a pensare “ma che c’entra il viola fluo con il verde pistacchio?”.

Il secondo, preziosissimo, è la letteratura, fonte di cultura sportiva e magari di gergo tecnico; elementi che conferiscono una credibilità che mai lo Scarso potrebbe acquisire sul campo.

Relegandomi il tennis al girone degli Scarsi, mi aggiravo per il circolo con una racchetta di pregevole fattura (che a malapena riuscivo ad impugnare) ed un interrogativo pressante: come evitare figure di merda?

Ed ecco le lettere venire in mio soccorso; un libro in particolare: Tennis di John McPhee1.

Forse fu l’idea di compensare i deficit della pratica con un po’ di sana teoria – di lui si sarebbe detto “forte non è, ma ne sa una cifra!” – oppure l’inconscia convinzione che leggere di tennis avrebbe potenziato il mio rovescio; fatto sta che mi immersi nella semifinale di US Open del 1968, Ashe contro Graebner, narrata punto dopo punto da John McPhee. Ho riletto quel “semi-“ un paio di volte, con una certa perplessità, prima di capire che il genio di McPhee parte proprio dall’approccio alla materia, ricordandoci che il Tennis non si gioca solo sul Centrale ma risiede anche in gare più “normali” (ad eccezione dei singoli da me disputati al suddetto circolo).

Ciò è ancor più vero se consideriamo che gli Ashe e Graebner dell’epoca erano ancora non professionisti, con una carriera tennistica parallela ad una carriera lavorativa e ad una vita sostanzialmente “ordinaria”. McPhee inquadra proprio tale aspetto combinando punti giocati e digressioni biografiche, mostrando l’inevitabile intrecciarsi tra le personalità dei giocatori ed il tennis da loro espresso:

 

Servizio

Ashe e la causa razziale

Dritto

Le simpatie repubblicane di Graebner

Volee

I titoli della biblioteca di Ashe

Rovescio

Graebner, contrariamente ad Ashe, non ama il cinema

…e così via, fino al match point.

 

Ci si ritrova in campo, a saggiare ogni punto nella sua complessità, ad emozionarsi per quelle giocate che mutano l’inerzia del match.

Il lettore vive ogni punto attraverso la mente e gli occhi dei tennisti. Una prospettiva privilegiata, realizzata con il semplice quanto sagace espediente di mettere Ashe e Graebner attorno ad un tavolo a rivedersi la partita, registrando commenti, reazioni, battute. Il resto lo fa il tocco da alchimista di McPhee, che trasforma l’arida meccanica di ogni colpo in materia viva, fatta del passato, del presente e del futuro di chi lo tira.

Ne risulta un trattato “psico-sportivo” che va dritto all’essenza di questo sport, superando la narrativa sportiva classica in originalità e qualità della narrazione.

Del resto, McPhee non è esattamente l’ultimo arrivato: storica firma del New Yorker, pioniere della creative nonfiction – genere che combina l’esattezza fattuale del giornalismo (assioma che scricchiola sotto il peso delle fake news, ma questa è un’altra storia…) con la tecnica narrativa del romanzo – e un Pulitzer all’attivo che non fa mai male.

Lo so cosa vi state domandando a questo punto… l’ho scampata al crucifige del circolo?

No! Scarso ero e scarso resto. Posso anzi ritenermi più scarso di prima considerando che avrei potuto impiegare le ore di lettura sulla terra rossa. Ma da lettore sono soddisfattissimo di un testo che è al contempo ottimo giornalismo, esaltazione dello storytelling sportivo e dilettevole umanizzazione di ciò che altrimenti sarebbe uno scialbo “buttarla al di là della rete”.

E pazienza se è tutto frutto di un eccessivo slancio di fiction! In fondo la letteratura sportiva deve saper emozionare; altrimenti basterebbe il confortante rosa della Gazzetta, che ci risparmia pure l’affanno di andare in libreria.

1 Tennis è in realtà il titolo dell’edizione Adelphi curato da Codignola, che racchiude Tempi di Gioco e Twynam di Wimbledon di McPhee, ed una postfazione a Tempi di Gioco dello stesso Codignola

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