La Ventisettesima Ora

La Ventisettesima Ora

“Ma come si fa a vivere fuori dalle convenzioni sociali?” si domanda una delle protagoniste del film Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi, che abbiamo recensito nella sezione Cinema di questo numero. Tre diverse voci narranti, tre esperienze di vita a confronto, tre donne che iniziando a guardarsi intorno, a mettere in discussione i capisaldi di una condizione femminile fino ad allora ritenuti sacrosanti. In un film-documentario che riflette un’Italia degli anni Sessanta drammaticamente reale, troviamo le origini dell’emancipazione femminile che riprende lo slogan utilizzato nel lontano 1912 dalle donne che lavoravano in una fabbrica del Massachusetts: “Vogliamo il pane, ma anche le rose”. Titubanti, le tre protagoniste si domandano se anche loro potranno mai avere il diritto alla libertà, si domandano se sia giusto provare un reverenziale timore nei confronti dei genitori e si domandano soprattutto se le redini della loro vita non faranno che passare dalle mani del padre a quelle del marito, senza rendersi conto che la vera rivoluzione l’avevano già iniziata: avevano cominciato a porsi delle domande senza che nessuno dicesse loro quali.

Sorrido nel constatare che la rivoluzione femminile non si sia combattuta a colpi di cannone come ogni rivoluzione che si rispetti, si è manifestata poco alla volta, ma in maniera irreversibile. D’improvviso, ecco che una testa si rialza, poi due, poi tre, poi quattro ed è così che, stanche di vivere in una realtà in cui la donna-oggetto non deve far altro che aspettare il suo Cavaliere (della Tavola Rotonda o meno), le Donne con la D maiuscola iniziano ad incontrarsi tra loro, a sostenersi a vicenda, a prendersi una vacanza da lavoro-marito-figli come hanno fatto le protagoniste del capolavoro letterario di Marcela Serrano Noi che ci vogliamo così bene. Quattro donne molto diverse tra loro che si raccontano al lettore in un romanzo estremamente al femminile che, lungi dall’essere un’apologia del sesso debole, non lascia spazio ai più comuni stereotipi della “battaglia tra i sessi”. Il Cile degli anni ’70-’80 è difficilmente paragonabile all’Italia di oggi, eppure il libro offre spunti di riflessione che, a più di vent’anni di distanza dalla prima pubblicazione, risultano ancora estremamente attuali.

Le battaglie, infatti, sono tutt’altro che finite. Negli anni più recenti si trovano esempi di quella che potremmo considerare un’evoluzione in perfetta continuità sia con le tre donne abilmente tratteggiate da Alina Marazzi sia con la vacanza a quattro descritta nel romanzo della Serrano, esempi che trovano concretezza nella fondazione di movimenti che gridano alle lesioni della dignità del genere femminile che quotidianamente vengono inflitti anche dalle più alte istituzioni. Ed eccole sfilare tanto in piazza quanto su internet le Donne di “Se non ora, quando?”, le Donne de La 27esima Ora, le Donne di One Billion Rising. Nella sezione Travel di questo numero di SALT Editions seguiremo proprio il percorso della nascita di quest’ultimo movimento, che ha coinvolto 205 Paesi – a detta degli organizzatori – dall’Italia alle Filippine, dalla Turchia agli Stati Uniti. Lo scorso 14 Febbraio, infatti, milioni di persone nelle piazze di tutto il mondo si sono incontrate organizzando un flash mob di protesta contro le molestie sessuali e la violenza domestica: la cifra a cui si fa riferimento nel titolo del movimento è tristemente ricondotta al numero di donne che si stima abbiano subito violenza almeno una volta nella loro vita: “one billion”, un miliardo, appunto.

Leggendo queste cifre difficilmente una donna nel 2013 può evitare di provare un brivido lungo la schiena. Quand’è che si potrà dire “compiuta” l’evoluzione femminile in un Paese democratico? E il nostro, di Bel Paese, a che punto è?

La ventisettesima ora.

È così che hanno intitolato il “blog al femminile” del Corriere della Sera, una sorta di luogo di ritrovo online dove molte donne (ma anche uomini) riportano notizie, esperienze personali, riflessioni riguardanti eventi significativi e si sforzano di raccogliere tracce dell’evoluzione, se così si può dire, della condizione della donna in Italia e nel mondo. Stando ad uno studio condotto dalla Camera di Commercio di Milano, sarebbero, infatti, ventisette le ore vissute quotidianamente da una donna in carriera, che destreggiandosi tra impiego pubblico e privato assomiglia sempre di più ad un’equilibrista multitasking, che si ritrova a preparare il soffritto stando al telefono con il proprio datore di lavoro. Personalmente, sono cresciuta in una dimensione in cui l’esempio di una madre-equilibrista si è sempre scontrato con quella cultura mediatica tipicamente italiana in cui a prevalere è apparentemente il corpo e non l’essenza della donna, un mondo in cui, citando l’ironia amara di Massimo Gramellini, “una donna per emergere ha il diritto di essere brava, ma per restare a galla ha il dovere di essere bella”.

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Questa edizione di SALT è dedicata a tutte le donne che non si vogliono ridurre a splendidi involucri, a tutte quelle che trovano umiliante fare della propria carne uno strumento di carriera, a tutte quelle che prendono le distanze da chi le incoraggia a scegliere tra lavoro e famiglia. A tutte queste donne, consigliamo di trarre ispirazione dalle note dell’incantevole (quanto poco noto) album Philharmonics dell’artista danese Agnes Obel, che non si risparmia dal mostrarsi una donna “completa” in ogni sua caratteristica: dalla fragilità emotiva alla cupa riflessione, dalla sensuale superbia all’inguaribile romantica. Vi consigliamo questo album sapendo perfettamente che non piacerà a molti di voi, ma che non vuole spaventare nessuno, solo rimarcare la propria profonda diversità rispetto a “tutti gli altri album”. Esattamente come ogni donna.

E se il femminismo moderno può dare talvolta l’impressione di sfociare nella misandria, l’intento di questo numero di SALT Editions non è affermare la superiorità di un genere sull’altro né quello di creare una sorta di aura dorata attorno al capo di ogni donna. Piuttosto, la volontà è quella di unirsi al coro del legittimo desiderio di riscossa, di libertà e soprattutto di rispetto (reciproco) che la donna di oggi pretende dalla società in cui vive 27 ore al giorno.

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