Close: nobiltà animale e miseria umana

Close: nobiltà animale e miseria umana

Regia: Marta Esposito | Anno: 2024 | Durata: 19 min.

close cortometraggio

Facciamo un piccolo esercizio: sapete dirmi a quale specie appartenete? Intendo proprio il “nome latino” di noi esseri umani. E la Famiglia? E l’Ordine?

Se ci siete riusciti, bravi: una stellina d’oro.
Se non ci siete riusciti, tranquilli: siete in ottima compagnia.
La maggior parte delle persone non ha la più pallida idea di dove collocarsi nell’albero della vita.

Eppure sapere che siamo Homo sapiens, primati della famiglia degli ominidi, un ramo qualunque dell’albero evolutivo, è un passaggio fondamentale per capire quale sia davvero il nostro posto, e la nostra relazione, con il resto del creato.

Fateci caso: “creato” – con tutte le sue implicazioni religioso-creazionistiche – è forse il termine più comune per descrivere l’insieme degli esseri viventi. Altrimenti si parla di “Natura” ma anche questa parola ha una forte connotazione astratta che ci porta a immaginare, nel momento in cui la pronunciamo, idilliache valli montane, lussureggianti foreste tropicali e colorate barriere coralline. L’uomo non compare mai nella Natura.

Questo senso distorto di separazione – l’idea che noi si stia da una parte, e “la Natura” dall’altra – è alla base del cortometraggio Close, opera prima della regista Marta Esposito, napoletana classe 1996.

Natura morta

Il corto, selezionato e proiettato alla 27° edizione del Festival CinemAmbiente di Torino, segue l’intera giornata lavorativa dello zoo di Napoli, dall’alba fino alla chiusura dei cancelli nel pomeriggio.

Nonostante la massiccia campagna di riqualificazione avviata da diversi anni, lo zoo di Napoli conserva un aspetto a suo modo unico. Molte delle recinzioni sono ancora figlie del secolo scorso, le erbacce invadono le aiuole, le panchine e i cestini di plastica appaiono scoloriti dal sole partenopeo. È uno zoo che sembra essersi fermato agli anni ’80, con una patina di decadenza che lo rende quasi un lunapark dismesso.

Ma è soprattutto l’esterno dello zoo che colpisce l’immaginazione.

Ubicato nel quartiere di Fuorigrotta, alla periferia orientale della città, lo zoo di Napoli si distingue da altri giardini zoologici che sono inseriti in spazi verdi più ampi (Villa Borghese a Roma, Regent’s Park a Londra, etc) e che creano un cuscinetto tra la struttura e la città, cercando di simulare improbabili savane o foreste tropicali. Lo zoo di Napoli, invece, è calato brutalmente nel tessuto urbano, a pochi passi dall’Università, lo Stadio e il bowling.

In pochi contesti occidentali può capitare di vedere una giraffa ciondolare a pochi metri da una fila di panni stesi e ogni penso a come dev’essere svegliarsi col ruggito del leone o – peggio – con lo starnazzare dei pavoni.

Questa jungla mi distrugge

Ma i versi degli animali, di fatto, non esistono: se nei primi minuti del corto – prima dell’alba e dell’apertura dei cancelli – si può ancora sentire il cinguettio degli uccelli, con il progredire del giorno le voci animali svaniscono, sommerse da un paesaggio acustico interamente umano: clacson, altoparlanti, schiamazzi, risate, versi grotteschi degli stessi visitatori.

Visitatori che – ancor più degli animali – sono i veri protagonisti del cortometraggio.

Avete presenta la scena di Paura e Delirio a Las Vegas, in cui Johnny Depp strafatto di acidi arriva nella hall dell’albergo e vede i mostri? Ecco, anche senza l’effetto psichedelico, l’impressione è che Esposito abbia cercato – anzi, sia riuscita – a trasformare i visitatori in ripugnanti lumache che strisciano da un recinto all’altro, si accalcano, picchiettano sui vetri, fanno selfie, trangugiano merendine. Uno spettacolo ributtante.

Ripresi in maniera spietata, questi vagano senza meta in questa scenografia surreale, degna di un film di Matteo Garrone (che qui ha infatti girato alcune scene di quel pugno nello stomaco che fu L’imbalsamatore) e grazie ad alcune incredibili inquadrature, sembra quasi che siano loro ad essere rinchiusi nei recinti, con il vetro separatore che restituisce immagini grottesche di nasi schiacciati e bocche spalancate, di volti che sembrano perdere ogni pudore.

Close(d)

E dall’altro lato del vetro, gli animali. Ieratici, austeri, quasi tutti sprezzanti di quanto succede oltre la barriera che li separa dagli animali umani. Sarebbe stato facile fare leva sul senso di solitudine delle bestie rinchiuse nelle gabbie, per proporre il solito messaggio dello zoo come lager. Invece, gli animali ripresi non suscitano mai pena.

Elefanti, tigri, scimmie: tutti conservano una dignità che metta a nudo la miseria del patetico spettacolo offerto dagli uomini a pochi metri di distanza. Come quei condannati che, fatti sfilare tra la folla, restano fieri nonostante gli sputi e gli schiamazzi, facendoti provare più pietà per i loro aguzzini che non per loro stessi.

Ed ecco che gli occhi del leone si trasformano in due pozzi senza fondo, un abisso in cui non abbiamo il coraggio di specchiarci per paura di dover riconoscere la nostra stessa miseria.

Titolo | Close
Regista | Marta Esposito
Anno | 2024

Qui il trailer.

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