martedì, Ottobre 7, 2025
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Diario di viaggio: 17 giorni in Vietnam, agosto 2025

Disclaimer 1: quelli che seguono sono davvero i miei appunti di viaggio, che ho scribacchiato maldestramente sulle note del telefono ogni volta che ne ho avuto la possibilità, in questa avventura vietnamita.

Non ho fatto revisioni sostanziali, se non l’aggiunta di citazioni precise e verifica di qualche luogo/aneddoto citato: mi piaceva l’idea di lasciare uno scritto autentico e impreciso. 

Perdonate, quindi, eventuali errori storici o consecutio temporum improbabili.

 

Disclaimer 2: è molto lungo. Molto, molto lungo.
Se arrivate alla fine, scrivetemi cosa ne pensate via mail a
francescabianchi.salt@gmail.com, mi farebbe piacere!
(se mi scrivete senza aver letto, òcio che poi interrogo <3 ) 

Giovedì 31 luglio 2025

Partiamo verso le 14:00 da Malpensa.

Nemmeno il tempo di allacciarmi la cintura che mi fiondo sull’entertainment, come sempre. Questa volta in realtà ho barato perché ieri avevo già preparato la playlist dei film da casa, grazie all’app di Emirates. Vorrei fortemente che questo fosse un #suppliedby, ma invece ricordo ancora molto bene ogni euro speso per questo volo. Still, l’app è fatta da dio.

SONO FORTUNATAAA. Continuo a ripetermelo. è una bella cosa rendersene conto. 

Sono qui a 10.000 metri da terra a guardare A Complete Unknown mentre voliamo ad Hanoi.

Bob Dylan è stato davvero al circo itinerante o diceva solo cazzate? Mi viene il dubbio, poi opto un po’ di più per la seconda. E perchè non si parla mai di Joan Baez?
Un po’ stronzo sto Bob Dylan, parrebbe.

“Il tuo album è la cosa più preziosa che ho” – Johnny Cash

Tutti noi vorremmo una Silvye nella nostra vita. Ma forse siamo tutti stronzi, presi dal nostro ego, incapaci di restituire quanto riceviamo.

Newport folk festival. Quando atterro mi guardo dei video su YouTube.

In questo viaggio sono stata morigerata. Ho scelto solo due libri, entrambi sul Vietnam. Un saggio e un romanzo, per bilanciare:

Leggo Fallaci, vengo a sapere della strage di My Lai, 16 marzo 1968. In quei giorni lei era a Saigon, per questo non la riporta nel libro. Un plotone americano, guidato dal tenente William Calley, massacrò oltre 500 civili vietnamiti (inclusi donne, bambini, anziani). 

Del resto, come scrive lei stessa, non solo non sarebbe mai sopravvissuta a un simile massacro, ma gli americani furono omertosi sull’accaduto per oltre un anno e mezzo.
“I bravi ragazzi”. L’ipocrisia, poi, stava anche nel delegare ai sudcoreani le peggiori atrocità, così da mantenere le mani apparentemente pulite.

Mi addormento pensando a quanto dovessero essere giovani questi americani feroci. Ragazzi di vent’anni, che a casa erano figli modello, a Saigon diventavano carnefici. Che affare disumano la guerra.

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Venerdì 1 agosto

Era previsto un temporale fotonico ad Hanoi, invece la città ci accoglie con un cielo azzurro e quei 250 gradi all’ombra che solo l’agosto nel Sud Est Asiatico può riservare.

Palazzi stretti che si arrampicano verso l’alto, strade affollate, un rumore assordante che non si placa mai, “profumi” di cibo che arrivano da ogni angolo.
Sì, siamo di nuovo in Asia. Sorrido.

Motorini. Motorini ovunque. Tutti sono bardati con maniche lunghe, pantaloni lunghi e indossano curiosi tipi di caschi, tra cui: scodella anni ‘2000 per sfrecciare su Vespe truccate, elmetti da cantiere, il tradizionale nón lá di paglia (il cono, per capirci), passamontagna (!), mascherina FP2, occhiale veloce e talvolta… assolutamente nulla.

Raggiungo il top avvistando motorini con uno, due, tre, quattro persone!
Parallelismi partenopei nella mia testa. Avanguardia pura.

Arriviamo al primo hotel diligentemente prenotato a febbraio.
Neanche riusciamo a scendere dal taxi e ci hanno già accolto tre persone dello staff e recuperato i nostri zaini. Tempo di farci accomodare sui divanetti e vedendo il passaporto italiano, il concierge improvvisa un “buon pomeriggio, mi chiamo Luca”! E ci servono un drink e frutta di benvenuto.

Il viaggio che ci meritiamo?
Ciao Milano non mi manchi tanto ora come ora.

Nella successiva manciata di ore noto e appunto mentalmente, in ordine:

  1. Se sei un pedone, sappi che ad Hanoi cercheranno di investirti in tutti i modi, ad ogni incrocio e con qualsiasi mezzo
  2. Semafori non pervenuti. O meglio, semafori necessari: 38472, pervenuti due. Dopo un tot di prove di sopravvivenza diventa quasi divertente. Se porti a casa la pelle.

Forse è un popolo molto paziente se riesce a sopportare questo caos assurdo ad ogni ora del giorno e della notte, penso.

Hanoi traffic
Da qualche parte ad Hanoi

Si fa sera, i gradi percepiti si abbassano a 48 all’ombra.

Chi siamo noi per risparmiarci la turistata della Train Street? Qui ad Hanoi è un rito: la strada è iconica e pure più esposta di quella di Bangkok, dove quantomeno c’erano delle catene di sicurezza tra i tavoli e i binari del treno.
Qui invece si beve una birretta ghiacciata a pochi centimetri dai binari, ridendo insieme agli altri viaggiatori in attesa del momento clou. Poi il treno arriva e d’improvviso si alzano 250 iphone per riprendere il momento: i tavolini si spostano, le persone trattengono il fiato. Tutto costruito, ma divertente e non saltabile, direi.

Da lì, basta camminare qualche passo per ritrovarsi immersi in Mural Street, una galleria a cielo aperto dove i murales raccontano Hanoi con colori accesi e scene di vita quotidiana. Un altro modo per sentire la città e ricominciare a perdersi nelle sue vie trafficate.

Come prima cena ad Hanoi andiamo sul sicuro, avevamo prenotato al The East. Loro super carini, noi stravolte. Mangiato bene, consigliatissimo. 

 

Sabato 2 agosto

Prima mattina ad Hanoi, colazione spaziale in hotel. Quanto mi piacciono le colazioni in hotel? Quanto? Patrimonio UNESCO.

Prima tappa: Tempio della Letteratura. Dedicato ai Confuciani, è una piccola oasi nel caos della capitale: un complesso armonico, curato nei minimi dettagli. La bellezza del suo equilibrio estetico mi colpisce. 

Consiglio di andarci nelle prime ore del mattino, sia per evitare il caldo (moderatamente atroce) sia le comitive di turisti e scolaresche.

📌 Note di sopravvivenza ad Hanoi (che avrei amato sapere prima)
  1. Ricordarsi di precisare “caldo” se si chiede un tè. Altrimenti arriva un beverone di ghiaccio con una bustina di tè Lipton. Non male, se non fosse un sostituto infallibile del Dulcolax.
  2. Se volete vedere il Mausoleo di Ho Chi Minh, al centro della piazza Ba Ðình, sappiate che se indossate pantaloncini corti – essendoci 874 gradi, sarà probabile – potrete entrare solo se siete maschi.
    Sipario.

Fun fact: quasi tutte le macchine hanno gli specchietti dei finestrini con incorporato un tondino grandangolare, che immagino serva a vedere meglio quello che succede nei punti ciechi. 

Quello che succede nei punti ciechi: 

Hanoi traffic jam
Sfrecciare ad Hanoi

Hidden Gem Cafè vale la pena. Fosse anche solo per salire fino all’ultimo piano e bersi qualcosa guardando i murales attorno. Noi abbiamo mangiato degli ottimi spring rolls di verdure.

Ora sono tentatissima dal famoso egg coffee. A pochi passi da noi, infatti, c’è il Cafè Giang, la patria dell’egg coffee, inventato qui negli anni ’40. A quanto pare è una crema dolce e densa montata sull’espresso, diventata simbolo di Hanoi. Lo troverete ovunque, ma io sono avversa al rischio, almeno le prime 24 ore di vacanza, dai! (vedi mamma che sono stata brava? Ecco)

Poco dopo il destino mi punisce, infatti. Potevo essere audace, invece la mia coda di paglia mi ha portato al Cafè Dinh, che francamente non rientra proprio nella mia lista dei primi 185 consigli che mi vengono in mente per voi. Però è vista lago, diciamolo.

Passeggiando da queste parti noto anche il The Note Coffee, probabilmente il caffè più famoso di tutta Hanoi. Immaginatevi un caffè piccolino, ma a più piani, dove ogni centimetro di parete, tavolo, sedia (finestre incluse) è ricoperto da post-it colorati, scritti da visitatori di tutto il mondo. Perfetto per Instagram, non saprei se consigliarlo.

Sono quasi le 20, siamo alla stazione di Hanoi dove prenderemo il nostro primo treno notturno della vacanza.

Destinazione: Sa Pa, piccola cittadina di 40mila abitanti scarsi a 1650metri d’altezza e famosa meta per le sue risaie estese a perdita d’occhio.

Cosa non mi aspettavo affatto: in stazione c’è la VIP Room dove si possono lasciare i bagagli in attesa del treno. 

Ma l’assurdità di incontrare persone conosciute anche negli angoli più sperduti del mondo?! Amo tutto.

Ed eccoci qui, zaino in spalla (doppio, nel nostro caso, ovvero uno in spalla da 40litri e uno davanti da 20) e si corre verso una delle tappe più importanti di questo viaggio.

Sono sdraiata sul mio letto estraibile nella carrozza. Mai viste cuccette così eleganti, dotate di ogni comfort. Mi ha ricordato un Orient Express d’altri tempi, forse per riscoprire il viaggio nella sua lentezza? Non so. So soltanto che la cuccetta dove avevo dormito facendo Milano – Brindisi qualche anno fa non era così poetica. 

Per noi è stata una scelta di sicurezza e di comodità, devo essere onesta. L’alternativa sarebbero stati i bus notturni, che avevo già testato in Myanmar e che sono tanto tipici qui in Asia. Ma volendo fare un trekking tra le risaie già domani mattina abbiamo preferito aumentare le probabilità di dormire qualche ora. Vedremo.

Fun fact: è costata più questa notte di qualsiasi altro hotel della vacanza. MEGA LOL

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Domenica 3 agosto

Fuori dal finestrino si intravede l’alba. Che esperienza incredibile!

Ho dormicchiato, un po’ male un po’ agitata come prima delle gite a scuola.

Arriviamo a Lo Cai alle 6 del mattino, ma è dalle 5:20 che siamo sveglie grazie a un delicatissssssimo tizio che passa tra i vagoni urlando “moooorning coffee, coffee” bussando alle porte delle cabine.
Non male come carrello di Harry Potter.

Parliamo di cose serie: io sono stra felice perchè non piove!

Non ci posso credere, erano giorni che monitoravo il meteo di Sa Pa su tutti i siti possibili e immaginabili e ormai avevo la tranquillità del condannato: era previsto diluvio universale senza pietà. Anche il mio povero ChatGPT era stato martoriato dalle mie domande in merito, senza mai cambiare la sentenza.

Invece, realizzo che la giornata è magnifica! Cielo terso e visibilità totale.

Alla stazione del treno di Lo Cai ci aspettano 47 guide alla ricerca dei propri ospiti, per il trasporto in van da Lo Cai a Sa Pa. 

Mi metto in pole position di fianco all’autista, immaginando tornanti che mi avrebbero fatto ripassare i precedenti 8 pasti. Anche qui, mi sbagliavo.

Lasciamo i bagagli al meraviglioso hotel che avevamo prenotato, poco distante dal centro di Sa Pa, situato in cima a una collina.

E inizia l’avventura!

Sono le 7:45 del mattino, ma mi sembra di essere sveglia da 8 ore (forse è così): prendiamo un taxi fino al punto di incontro in centro, dove avevamo pick-up per prenotato con Get Your Guide per andare a vedere le risaie in un trekking di quattro ore circa, ma essendo la giornata incredibile, ovvero molto soleggiata e quindi molto più calda della media è stato tosto non sciogliersi insieme alle pannocchie esposte ad essiccare. 

Per fortuna che avevo portato il pile, sai mai.

Il tour è incredibile e lo consiglierei a chiunque! Non mi aspettavo che avremmo camminato tra le risaie letteralmente passando anche nelle case delle persone, attraversando due villaggi diversi. 

Preparatevi a fare tratti di sentieri accompagnati da bufali d’acqua e/o bambini che spuntano da ogni dove e si aggregano agli avventurieri o ancora donne agilissime, solitamente dall’età indefinita, con il tipico cappello di paglia e lo zaino sulle spalle. Spesso vi proporranno manufatti o tessili, ma più ancora vorranno scambiare due parole, per curiosità o semplicemente per compagnia. La loro è una presenza importante lungo il cammino: cercheranno di aiutarvi in ogni modo. 

Il paesaggio che ci aspetta a Sa Pa mi lascia senza fiato. 

Sa Pa Vietnam
La meraviglia di Sa Pa

Sarà forse per le aspettative infime che avevo sul meteo, ma mi sono ritrovata sopraffatta da una bellezza a cui non ero preparata e lo penso con gratitudine infinita, perché vedere queste risaie nella loro più splendida forma e bellezza, di un verde così accecante da contrastare con l’azzurro del cielo e il bianco delle nuvole, come fosse un disegno di bambini, è stato qualcosa di inaspettato e direi commovente. L’ho presa come una fortuna sfacciata e come tale ho cercato di viverla. A cuore aperto.

In tutto ciò, il trekking sotto il sole ci ha provato abbastanza.

Al rientro a Sa Pa, ci trasciniamo a mangiare un pranzo veloce al Le Petit Gecko (consigliato!) e riprendiamo la loquacità.

Tardo pomeriggio e cena trascorsi al Silk Path Hotel che è uno dei migliori dove abbiamo soggiornato in questo viaggio, sia per la location sia per il livello dei servizi offerti. Anche il ristorante aveva una qualità incredibile dei piatti, con tantissime offerte vegetariane per cena, come il veg curry vietnamita e anche una colazione pazzesca, come avrei scoperto la mattina successiva. 

Il prezzo sicuramente è molto più alto della media delle accomodation, ma stiamo comunque parlando di 80€ a notte in due. Giusto per darvi un parametro. 

Lunedì 4 agosto

La mattina ci svegliamo che il tempo non è dei migliori: c’è vento e le nuvole sono basse sulle cime a noi attorno. So che non è il meteo ideale per visitare il Fan Si Pan, la vetta più alta del Vietnam, Cambigja e Laos, tanto da essersi guadagnata il nome di “tetto dell’Indocina” (3.143 metri). Eppure, è il mio ultimo giorno a Sapa, quindi o ora o mai più, come si dice. 

Ed è così che inizia la mia visita in uno dei posti più assurdi che abbia mai visto: il Fansipan World. 

Non troverò mai le parole giuste per descriverlo, ma ci provo.

Dal centro di Sa Pa, si raggiunge con un trenino panoramico a dir poco suggestivo: le risaie saranno davanti a voi in distese a perdita d’occhio.

Ora ad accogliervi all’arrivo immaginatevi una specie di Gardaland ma cento volte più kitsch e in pieno stile cinese/vietnamita: siepi curate ad opera d’arte, statue improbabili dedicate alla natura, plasticoni creati per i social ai selfie, food track in ogni angolo a vendere popcorn, hot dog, involtini vietnamiti ecc. così per tutti i metri quadri del parco. Ogni metro quadro del parco sembra studiato per strappare una foto.

In mezzo a tutto questo, però, non mancano gli angoli spettacolari: fiori e piante di specie rare, pagode dorate che brillano al sole e sculture che si stagliano contro il profilo delle montagne. A rendere l’esperienza ancora più teatrale (!) ci sono spettacoli con danze e abiti tradizionali delle minoranze etniche locali, pensati chiaramente per i turisti. Sono sinceramente rimasta ipnotizzata dall’assurdità di quello che stavo vedendo.

Arrivare in cima è un susseguirsi di emozioni e di contrasti.

Si prende prima la cable car, che è già un’esperienza di per sè: da lassù si sorvolano vallate, terrazze di risaie e montagne che sembrano infinite. Già solo questo tragitto vale la salita. Arrivati alla stazione intermedia, puoi decidere se affrontare circa 500 gradini in pietra, che regalano un senso di pellegrinaggio e fatica condivisa, oppure optare per il trenino “one way” che porta fino al Summit Fansipan. Indovinate la mia scelta. A mia discolpa, pioveva!

Raggiungere la vetta mi lascia una sensazione carica di spiritualità.
Guardandomi attorno riconosco vagamente la grande statua di Buddha, alta 21,5 metri, che si erge in bronzo tra le nuvole. MI piacerebbe dirvi che è una meraviglia architettonica, ma la verità è che ne ho visto solo il contorno non meglio precisato, essendo completamente avvolto dalla nebbia, che dona un’energia quasi mistica. È comunque considerata una delle sette meraviglie spirituali della regione del Nord Vietnam.

Quando scendo i 500 gradini sono felice.
Torno a valle e mi aspetta il sole.

La sera riprendiamo il treno notturno da Sa Pa. O meglio, prima un bus notturno con le cuccette per un’ora, fino alla stazione dei treni di Lao Cai. Scopro che Lao Cai si trova a pochissimi km dal confine con la Cina. Mi piacerebbe andare. 

Il treno questa volta è più vecchio del primo, un poco più usurato e con aria condizionata sparata. 

Considerazioni sparse sui treni notturni:

  1. Super puntuali (2 su 2 hanno spaccato il minuto, chissà se è un campione significativo)
  2. Piuttosto puliti (il primo meglio del secondo) – il bagno è comune, uno per vagone. Conviene salire e utilizzarlo presto, per trovarlo in buone condizioni
  3. Si può comprare cibo direttamente a bordo “qualcosa dal carrello, cari?” (Cit. – 0:48, prego) 
  4. Cuscini e “piumini” sono inclusi, sul secondo treno c’erano pure le ciabattine monouso 
  5. Per ogni passeggero c’è un complementary kit con acqua, patatine, frutta e tooth brush 
  6. C’è l’aria condizionata. (Fin troppa, ndr)
  7. Se volete la cabina per 2, essendo normalmente da 4, sarà costoso. Ma ne varrà la pena se volete privacy.




Martedì 5 agosto

Ci risvegliamo dopo un sonno tormentato, con il consueto “Coffeeee morning coffeeeee” del personale di bordo. Sorrido, sembra un film.

Scosto le tendine e guardo fuori dal finestrino: siamo su uno dei ponti che attraversano il Fiume Rosso verso Hanoi e a fianco dei binari c’è qualche sportivo che fa jogging prima di iniziare la giornata, ci sono i primi negozi che aprono e il traffico che a poco a poco si intensifica: la città si sta svegliando.

Sono le 5:30 e siamo di nuovo alla stazione dei treni di Hanoi.

Ragioniamo 0,1 secondi sul da farsi a quell’ora. 

Ci tuffiamo nel primo hotel di fronte alla stazione e facciamo una colazione di gran lusso: 8€ per un ottimo buffet internazionale. Siamo solo noi a quell’ora nella immensa hall: ci spalmiamo sui divanetti a leggere/riposare per un paio d’ore.

Tempo (sempre troppo poco) di riprenderci e abbiamo un pick-up con destinazione: Ninh Binh!
Ex-capitale del Vietnam nel X secolo, viene oggi soprannominata “Halong Bay su terraferma” per via dei paesaggi magnifici: pinnacoli carsici che si alzano dalle risaie, fiumi che scorrono lenti tra le montagne e grotte che sembrano cattedrali naturali.

Perché visitare Ninh Bing?

  • È qui che si trova Trang An, patrimonio UNESCO, un dedalo di fiumi e grotte navigabili in barca a remi (le barche sono guidate quasi sempre da donne, spesso con i piedi!)
  • La zona di Tam Coc offre scenari incredibili: campi di riso a perdita d’occhio incorniciati da montagne calcaree, soprattutto belli in estate quando le risaie diventano giallo oro
  • Sulla cima della Mua Cave c’è una scalinata di 500 gradini che porta a un punto panoramico mozzafiato, uno dei più iconici del Vietnam

Il nostro hotel è un pochino più fuori dal centro, a Tam Coc, totalmente immerso nella natura, come testimonieranno i canti dei rospi/rane/altre creature non meglio identificate durante la sera.
Rido perché ho scomodato
il mio serpentologo di fiducia per capire con quali belve avessimo a che fare.

Noleggiamo il motorino in hotel alla cifra di ben 5€ al giorno (petrol escluso, ci tengo a sottolineare) e andiamo a fare l’imperdibile Tam Coc Boat Tour!

Il Tam Coc boat tour è una delle esperienze più iconiche del Vietnam del nord: un’escursione in barca a remi che parte dal molo di Tam Coc e dura circa un’oretta e mezza. Come dicevo prima, queste barchette sono tipicamente guidate da donne che remano con i piedi, e quando fa molto caldo offrono anche un ombrello per ripararsi dal sole. Quindi lungo il canale vedrete una serie di ombrellini colorati che si fanno largo tra le grotte naturali e risaie che sembrano dipinte. 

Turistico? Sì, certo. Evitabile? Anche qui, non direi.

Avvertenza: se decidete di fare questo tour ad agosto e NON piove, portatevi acqua e viveri. Farà molto molto molto caldo. Umidità registrata: 3000%, se non ricordo male 😉

Ci fiondiamo nella piscina dell’hotel alla ricerca di refrigerio che si rivelerà inutile perché sembrava più una zuppa di ramen che un bagno rinfrescante, MA poche volte nella mia vita ho visto un retreat così sperduto nella natura.

Spettacolare. Anche a cena siamo state in hotel e devo dire che si è rivelata un’ottima scelta: sia per la cena di tutto rispetto, a pochi euro come sempre, sia perché ha iniziato a piovere verso le 22! Poco e piacevolmente.

Incredibile come in questi viaggi intensi “le 22:00” mi sembrino piena notte.

La notte cadiamo in un sonno profondo, probabilmente per le poche ore che siamo riuscite a spendere in fase REM. sul treno notturno della notte precedente. 

Mercoledì 6 agosto

La mattina decidiamo di lanciarci in questa impresa incredibile che è stata la scalata al Mua Cave, uno dei punti panoramici più famosi e più belli di tutto il Vietnam dalla quale dalla cima della quale si può scorgere quasi tutta la bellezza di Ninh Binh e delle sue distese di risaie. 

Certo, 500 gradini con tasso di umidità del 600% non sono per tutti, ma come sempre: se ce l’ho fatta io, mediamente ce la può fare chiunque.
Portatevi acqua, anche se a metà salita c’è un piccolo baracchino salvifico patrimonio UNESCO adorabile, e una maglietta di ricambio: tornerete zuppi. E non per la pioggia. 

Panorama mozzafiato, uno di quegli scorci per cui vale il viaggio intero

Non so se avessi mai visto prima distese di un verde così intenso. Ecco, forse l’unico paragone che mi viene in mente è Cameron Highlands in Malesia.

Nel tardo pomeriggio rientriamo già ad Hanoi giusto il tempo di una cena da Hanoi Garden Restaurant, locale addirittura segnalato sulla guida Michelin.

Con 17€ in due riusciamo a provare una strepitosa anatra laccata con bun fritti, degli involtini primavera che non mancano mai, un contorno di kale e aglio e due Schweppes che qui spacciano sempre per acqua frizzante. Posto consigliatissimo!

Giovedì 7 agosto 

Possiamo forse dormire oltre le 7 del mattino, un giorno? Giammai!

Abbiamo il pick-up alle 8:00 per Ha Long Bay, uno dei motivi per cui abbiamo scelto il Vietnam come meta di viaggio.

Patrimonio dellUNESCO, la baia di Ha Long è una delle meraviglie naturali più iconiche del Vietnam: quasi 2000 isolotti calcarei si innalzano dal mare creando un paesaggio surreale.

Ha Long Bay
Ha Long Bay, dalla nostra cabina

Forse una delle esperienze più belle di tutta la mia vita, non solo di questo viaggio.

Si fatica a descrivere a parole un simile spettacolo della natura: come posso raccontarvi l’emozione di navigare per due giorni tra centinaia di faraglioni a bordo di una piccola nave di legno? 

Io so solo che non avevo mai visto nulla del genere in vita mia.
È una tappa obbligatoria che deve essere fatta in qualsiasi condizione climatica, seppure in sicurezza. 

Noi abbiamo scelto la nave più piccola a disposizione per questa esperienza, la Dragon’s Pearl Junk, una giunca tradizionale in legno con appena 10 cabine doppie, proprio per evitare – per quanto possibile – di essere in 200 a bordo. Infatti, qui siamo in 17 passeggeri, più 10 membri dell’equipaggio. Incredibile.

L’organizzazione è impeccabile: è una meta frequentata ogni giorno da decine di migliaia di persone. Forse per questo non convince tutti, ma per me è come rifiutarsi di vedere il Colosseo perché troppo affollato.

In realtà qui l’esperienza è migliore perchè le varie imbarcazioni si disperdono nella baia e non si ha quasi mai la sensazione di essere finiti in una trappola per turisti TRANNE quando ti portano a visitare l’allevamento di ostriche. Quello me lo sarei evitato molto volentieri. Però ho imparato una cosa nuova: le perle naturali sono rarissime, quasi impossibili da trovare per caso. Per questo vengono “coltivate”: si inserisce manualmente un piccolo nucleo all’interno dell’ostrica e, con il tempo, l’animale lo ricopre di madreperla fino a creare la perla. Un processo lungo, delicato e tutt’altro che “romantico” come è sempre stato nella mia testa.

Tornando alla nostra barca, a bordo con noi ci sono 3 famiglie, due francesi e una belga, e un ragazzo italiano, con cui facciamo subito amicizia e per tutti diventiamo ben presto “the italians”, lol. Simpatico, empatico, è un pilota di aerei di cargo. Ci ha fatto ridere perchè, nonostante il lavoro fighissimo e le nostre mille domande al riguardo, lui continuava a dire “alla fine sono uno statale”. Sono felice che le nostre strade si siano incrociate.

Il programma di questi due giorni (faremo solo una notte in crociera) è intenso, ma non eccessivo: facciamo kayak nella baia tra gli isolotti, assistiamo a un breve show cooking sulla barca, ci godiamo una birretta prima di cena mentre il cielo si apre e ci regala un tramonto magnifico

Come mi disse una volta una delle mie persone preferite: “è incredibile quanti posti meravigliosi esistano al mondo”.

E di nuovo, per la seconda volta da quando ho messo piede sul suolo vietnamita, mi sento infinitamente grata alla Natura, al mondo stesso, per tutto quello che ci sta offrendo. Una parte di me si chiede se non sia patetico, forse sto solo invecchiando. O forse è l’unico modo per non sentirsi sopraffatti da tutta questa bellezza.

Ah, signore&signori, abbiamo fatto pasti inaspettatamente regali: pranzo e cena con un numero imbarazzante (cioè tipo 7/8 ciascuno) di portate, ma soprattutto con una qualità che mai mi sarei aspettata di trovare in mezzo alla baia.

Venerdì 8 agosto 

La sveglia è prestissimo. Alle 5:50 siamo già in piedi, a spostare le tende dagli oblò giganteschi della cabina per scorgere altri faraglioni illuminati dalla luce dell’alba.

Avendone viste poche nella mia vita da gufo, annovero fieramente quasi tutte le albe a cui ho assistito. E questa entra dritta filata nella mia top 3. 

Al mattino prestissimo prendiamo altre barchette per visitare il villaggio dei pescatori: comunità locali che da secoli (pare) vivono sull’acqua in queste casette di legno su piattaforme, collegate tra loro da piccoli ponti o barche. 

Immagino che quelli visitabili da noi turisti siano esposti un po’ ad hoc, ma lo trovo comprensibile. Come dicevo, mi sarei evitata la turistata delle ostriche, ma questa giornata mi ha regalato un’altra esperienza pazzesca: a pranzo ci hanno portato un’insalata tipica con… medusa!
Nella mia ignoranza non sapevo nemmeno fosse commestibile (spoiler: non tutte le tipologie lo sono), dunque mi sono avventurata a mangiarne un tentacolo.

Fun fact: con sa di nulla.

Ragionandoci, effettivamente, realizzo che le meduse sono 95% acqua. (e 5% veleno velenoso? bah, chi può dirlo). Non indagherò oltre, né le introdurrò nella mia dieta milanese. Credo.

Rientriamo ad Hanoi nel pomeriggio, mestamente, ma non prima di esserci fermate allo Yen Duc Village, un piccolo villaggio agricolo nel cuore del Delta del Fiume Rosso: il nostro van si ferma tra stagni di loto e case tradizionali. 

Qui assistiamo a un inaspettato e incredibilmente assurdo spettacolo di water puppets! Praticamente scopriamo che quest’arte è tipica del Vietnam (già lo sapevo dalla Lonely Planet perchè avevo fatto i compiti, gne gne) e che risale all’XI secolo. 

La genialata sta nel fatto che le water puppets vengano mosse da burattinai nascosti dietro a un sipario, immersi fino alla vita nell’acqua dello stagno! E ogni pupazzo è fissato a un lungo bastone di bambù, nascosti sotto l’acqua.
Muovendo i bastoni da dietro il sipario, fanno danzare i pupazzi sull’acqua, facendoli sembrare vivi: draghi che sputano acqua, pescatori che remano, bufali che si tuffano, ecc. riproducendo contesti tradizionali e quotidiani dei villaggi del Delta del Fiume Rosso

È uno di quei momenti che non riesci a descrivere a parole, surreale.

Di ritorno in città, per davvero, e con la complicità di qualche pagina del romanzo che sto leggendo, Quando le montagne cantano, mi è venuta la curiosità di perdermi tra le vie dell’Old Quarter di Hanoi, quelle che ancora oggi portano i nomi dei mestieri che vi si praticavano. 

Eccoci quindi che ci avventuriamo per Phố Lãn Ông, la via della medicina tradizionale con sacchi di erbe e radici essiccate, Hang Duong, la via dello zucchero, e Hang Bac, la via dell’argento, un tempo regno dei gioiellieri. 

Facciamo una sosta da Bánh Mì 25, minuscolo locale nell’Old Quarter, dove ci servono il panino più famoso di Hanoi: baguette croccante, ripiena di maiale grigliato, verdure croccanti e coriandolo. Evitando come la peste quest’ultimo, si capisce perché questo posto sia diventato una piccola istituzione.

La sera ci buttiamo nell’atmosfera chiassosa di Ta Hien Street, la celebre “Beer Street”, cuore della vita notturna di Hanoi, tra sgabelli bassi, bicchieri di bia hoi ghiacciata e turisti da ogni parte del mondo.

È venerdì, quindi troviamo anche il mercato notturno, che accende ancora di più il quartiere con luci e bancarelle di street food. Non credo di aver mai visto degli spiedini di polpo (intendo, con interi tentacolo per spiedino, non a pezzetti) così giganti.

Sabato 9 agosto

Risvegliate da un sonno profondissimo al Premier, realizziamo di avere l’ennesimo pick up alle 8:00 che ci aspetta fuori dall’hotel.

Giuro che l’anno prossimo si va in costa smeralda. ciao.

Dev’esserci una manifestazione importante oggi, o qualche evento che coinvolge le forze dell’ordine, perché la nostra via è bloccata da ambo i lati e nell’aria si percepisce un ordine insolito e quello che sembrerebbe QUASI silenzio. Solo dopo scoprirò che si trattava effettivamente delle prove generali per il 2 settembre, la festa nazionale del Vietnam.

Un’ora e mezza di traffico e superstrade dopo, arriviamo a Quang Phu Cau, uno dei villaggi più noti per la produzione di incensi nei dintorni di Hanoi.

Si entra nei cortili delle famiglie che praticano davvero questo mestiere ogni giorno: dalle donne che tagliano il bambù agli uomini che immergono i bastoncini nelle tinte vivacissime, fino ai mazzi messi ad asciugare che finiscono poi nelle foto più Instagrammabili del web.

È un’esperienza a metà tra realtà e set fotografico. Scherzi a parte, è un modo per il turista medio di avere in lieve assaggio di questa produzione e al contempo, penso e spero, sia un modo per i produttori di ricavare entrate “solo” permettendo agli avventori come noi di fotografarsi tra i coloratissimi mazzi esposti ad essiccare all’aperto. 

(Comunque andateci perchè i colori sono spettacolari!)

Torniamo ad Hanoi, vorremmo mangiare un Pho, ma c’è troppa attesa in uno dei locali più famosi e la fame vince sulla pazienza. Strano!

Ci lasciamo quindi guidare dal caso e ci infiliamo un altro ristorantino che ci regala un Pho vegetariano che mi sogno ancora! Per concludere in bellezza ripassiamo da King Roti per un roti, una brioche tonda soffice con la crosticina aromatizzata a diversi gusti, e noi lo scegliamo al matcha.

Rientrati in hotel, ci sorprendono con una stanza di cortesia per riposarci e cambiarci: un gesto che ci concede un paio d’ore per rimetterci in sesto prima della prossima tappa.

Scrivo questi appunti in aereo da Hanoi a Da Nang, direzione Hoi An. 

Ho sempre adorato scrivere in aereo. Uno dei pochissimi luoghi al mondo dove siamo costretti a passare qualche ora senza notifiche, irreperibili.

Non sono passati nemmeno 10 giorni e mi sembra di essere partita 2 mesi fa da Milano.

Ho appena finito di leggere Quando le montagne cantano e mi sono emozionata ad ogni pagina, ad ogni personaggio. È un romanzo forte, crudo e schietto, come la sua protagonista. 

Cosa deve aver sopportato questo paese, penso, guardandomi attorno. 

Queste pagine raccontano un secolo di storia vietnamita attraverso una saga familiare: dal colonialismo francese alla uerra d’Indocina, dalla rivoluzione agraria ai bombardamenti americani. Non c’è spazio per abbellimenti, ma la resilienza è l’unica costante.  

Chi mi conosce sa che amo leggere romanzi o saggi ambientati nella città o nel luogo in cui sto visitando perché mi sembra di conoscerlo meglio, di vedere i personaggi prendere vita nelle stesse città, nelle stesse strade che stiamo attraversando. 

È incredibile come ancora manchino 8 giorni al termine di questa avventura meravigliosa.

Atterriamo a Da Nang e già mi sembra un Paese diverso da quello che ho appena visitato, recuperiamo i bagagli e ci infiliamo in un transfer direzione Hoi An, la famosa città delle lanterne. Finalmente – udite, udite – per la prima volta da quando siamo partite, passeremo due notti nello stesso posto. Urrà!




Domenica 10 agosto

Il X agosto è sempre stata una giornata particolare nella mia vita, da che ne ho memoria. Rivolgo il primo pensiero a due stelle che brillano un po’ di più questa notte per me, e che spero veglino su noi comuni mortali.

Il nostro hotel è meraviglioso a dir poco.

La colazione se la batte con quello di Sa Pa: c’è di tutto e di più ancora. 

Prendo nota di due succhi fatti in casa: frutto della passione e anguria, miei preferiti indiscussi. Da non bere insieme.

Usciamo per una passeggiata verso il centro, che dista circa 15 minuti a piedi dal nostro alloggio. La prima tappa è il Japanese Covered Bridge, un ponte coperto costruito nel XVII secolo dai mercanti giapponesi: oggi è uno dei simboli indiscussi di Hoi An, fotografatissimo e ben illuminato anche la sera, molto suggestivo. 

Poi ci perdiamo inevitabilmente nelle viuzze dell’Ancient Town, patrimonio UNESCO, dove visitiamo la Tan Ky House, la Phung Hung House e il Tempio di Quan Cong. Le case mercantili, in legno scuro con cortili interni, raccontano la storia di Hoi An come crocevia di commerci tra Cina, Giappone e Vietnam. Sorge lungo il fiume Thu Bon, che un tempo la rese uno dei porti commerciali più importanti dell’Asia. Oggi la sua fama è legata alle lanterne, come detto, e a piccole sartorie: troverete innumerevoli botteghe che, in poche ore, confezionano abiti e calzature su misura.

Ci fermiamo in diversi negozietti estremamente carini, curati, che ci invogliano a comprare 150 regali da portare a casa prima di ricordarci che abbiamo “solo” 4 zaini giganti da trasportare. 

A pranzo mi concedo un Bánh Xèo, il cosiddetto “pancake vietnamita”: immaginatelo come una specie di crêpe sottile ma croccante fatta con farina di riso e curcuma, farcita con manzo, germogli di soia e altre verdure non meglio identificate. Arriva accompagnata da fogli di carta di riso e da una montagna di basilico thai e menta. Mi insegnano a mangiarli così: tagli un pezzo di pancake, lo avvolgi nel foglio di riso con le erbe, lo intingi nella salsa e si vola.

Realizzo presto una cosa.

È una cittadina che vive di notte, Hoi An. 

Di giorno fa troppo caldo e nelle stradine colorate ci sono solo turisti accaldati. La sera, invece, Hoi An prende vita: le lanterne si accendono, la città brulica di persone, i local scendono in strada, i turisti affollano le piccole barche sul fiume per un giro tra le luci colorate. 

E chi siamo noi per non buttarci nella calca del mercato notturno di Hoi An?

Ho l’impressione che metà del Vietnam sia qui stasera. Lanterne ovunque, un mare di gente che si muove a velocità discutibile e bancarelle che vendono qualsiasi cosa: calamite da frigo, stoffe luccicanti, spuntini fritti di dubbia origine, fake di grandi brand e qualsiasi altra cosa vi venga in mente.

Cercando di evitare di fare la fine di Mufasa, ci lasciamo trascinare dalla folla, ridendo del caos e con quella sensazione addosso che tutto sia un po’ kitsch… e quindi meraviglioso!

C’è anche questa usanza curiosa di accendere piccole lanterne di carta con dentro una candela e lasciarle galleggiare sul fiume: uno spettacolo magico, devo ammetterlo, quasi ipnotico.

Eppure, mentre le guardo scivolare via, non riesco a smettere di chiedermi che fine faranno tutte quelle luci, tutta quella carta, e quanto peseranno davvero sull’acqua che le accoglie. Patetico? Può darsi, ma non mi va di inquinare più di quanto già non faccia, quindi desisto dal comprarne una.

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Lunedì 11 agosto

Dopo colazione in hotel, prendiamo un Grab per la stazione ferroviaria di Da Nang (50 minuti di strada). Il nostro treno per Nha Trang parte alle 12:27 e dura circa nove ore. NOVE.

Non posso neanche incazzarmi con nessuno perchè ho insistito io per prendere il treno invece dell’aereo. Olè.

Arrivate in stazione con il consueto anticipo di un’ora che ci contraddistingue, ho tutto il tempo di notare dettagli fondamentali, come il tabellone delle partenze che è al contrario rispetto nostro! Il primo treno a partire è quello in fondo alla lista, poi il penultimo, e così via, dal basso verso l’alto. Curioso.

Saliamo a bordo, siamo in “Economy Premium” che significa principalmente che i sedili sono imbottiti e c’è effettivamente grande spazio per stendere le gambe. La pulizia è basica, ma accettabile. Ci sono persino le prese elettriche, non tutte funzionanti, e la carta da parati a fiori ad abbellire l’inizio e la fine del vagone. È bello questo treno. Peccato solo che ci dovremo stare 9 ore, minuto più minuto meno.

Sembra sia una delle rotte panoramiche migliori del mondo, sapete? 

O meglio, questo è quanto sostiene la guida a bordo, un libretto verde scuro con titolo stampato in copertina dalle lettere color oro che recita “Passenger need to know”. Pare che questa sia quindi una delle otto tratte panoramiche migliori al mondo. Non dice quali siano le altre sette, ma già basta per farmi sorridere e promettermi di chiedere a ChatGPT quando avrò un wifi decente.

(Spoiler, alla fine non ho trovato le altre 7, ma se mai doveste trovarle voi, scrivetemi!)

Dunque. Prendo questi appunti dopo aver tentato invano di sonnecchiare. Siamo sul treno per il sud (a questa velocità ci metteremo 3 giorni, secondo me) e la situazione è questa: passano con il carrello delle vivande ogni 30 minuti circa. All’inizio con patatine, popcorn, snack vari come in Italia. Ora che sono le 17:30, quindi ora di cena per loro, sono passati con un intero carrello ricolmo di riso e una zuppa e un secondo carrello con vassoi di pollo, carne non meglio identificata, fagioli bolliti.

Risultato: ora stiamo viaggiando con un piacevole aroma di brasato in tutti i vagoni.
AMO.
TUTTO.

Continuo a leggere avidamente Niente e così sia.
Fallaci alloggiava al Continental a Saigon, circa 10 minuti a piedi dall’hotel che ospiterà noi. Credo andrò a visitarlo, anche solo per sfiorare la Storia.

Il resto del viaggio è un mix di film guardati sul tablet, qualche tentativo di sonno. Poi mi risveglio di soprassalto con quello che sembra Albano messo a tutto volume per annunciare una fermata.
VOLO.

Scendiamo alla stazione di Nha Trang che sono ormai le 22 passate, tutto sommato in buono stato. Le gambe ci reggono ancora.

Una notte di riposo e via verso il mare!

Martedì 12 / Mercoledì 13 / Giovedì 14 agosto

Non riusciamo a visitare propriamente Nha Trang, ci limitiamo a una passeggiata sulla spiaggia. Sono le 9:30 del mattino e giá ci sono moltissime persone appollaiate sotto alle palme in riva al mare: è bellissima questa spiaggia in città!

Per le strada ci incuriosiscono diversi cartelli scritti non in vietnamita ma in quello che sembra cirillico, possibile?!

A quanto pare sì: il buon ChatGPT mi dice che a Nha Trang la forte presenza di turisti e scritte in russo deriva dai legami storici con l’URSS, che negli anni ’80 aveva una base navale a Cam Ranh. Negli ultimi decenni i tour operator russi hanno promosso la zona con voli diretti e pacchetti economici, creando un mercato stabile di turisti e residenti dall’Est Europa. Anche oggi, nonostante il calo post-2022, il Vietnam resta meta accessibile e accogliente per questo pubblico, con ristoranti e negozi adattati alla clientela russa.

Pensa te.

Arriviamo a Cam Ranh poco prima di pranzo e rimango sinceramente sbalordita dai colori del mare! Nella mia ignoranza non sapevo che in Vietnam ci fossero spiagge così estese, di sabbia bianca finissima e un mare da cartolina maldiviana, davvero.

Cam Ranh
Ma chi lo sapeva che esistessero spiagge così in Vietnam!

Avvertenza: òcio ai granchietti trasparenti sul bagnasciuga, scavano buchi rotondi nella sabbia ed escono velocissimi da queste tane al calar del sole. Da come si comportano, sembra comunque che abbiano piú paura di noi umani. O è vero o fingono molto bene, sti qui.

Devo ammetterlo, su questi giorni non ho molto da raccontare se non che sono stati per noi un concentrato di relax: bagni in piscina e in mare, recupero di grandi film depositati da tempo immemore in “waiting list”, libri letti in silenzio. Serviva uno stop, anche breve, per ricaricare le batterie.

Considerazione: con il mitico senno di poi, non avrei scelto la stessa struttura. Troppo grande per essere ben servita, ma soprattutto la classica cattedrale nel deserto, molto lontana anche delle precedenti strutture alberghiere provate in Vietnam. MA sono solo sottigliezze da occidentali privilegiati, mi dico.

Venerdì 15 agosto

Ferragosto a Ho Chi Minh, chi l’avrebbe mai detto!

L’aeroporto è a pochi minuti di macchina dal nostro resort: alle 10:30 abbiamo finalmente il volo per l’ex Saigon. 

Sono curiosissima di vedere questa città, che deve il suo nome all’omonimo generale rivoluzionario che guidò il Vietnam del Nord nella lunga guerra contro il Sud e Stati Uniti. Quando Saigon cadde nel 1975, a Ho Chi Minh venne intitolata la città.

Dicono che Ho Chi Minh sia il motore finanziario del Vietnam, senza esserne la capitale. Una specie di Milano, potremmo dire? Sembrerebbe di sì, personalmente non mi aspettavo fosse così attiva, con grattacieli altissimi e quell’energia contemporanea che la rende diversa dalle altre città viste finora. Non mancano nemmeno i brand dell’alta moda, rooftop eleganti e hotel incredibili: ci travolge subito. Noto con stupore che c’è un centro commerciale enorme praticamente ogni 500 metri.

A pranzo ci fermiamo da Propaganda, un locale famoso per i suoi murales patriottici e coloratissimi che tappezzano le pareti e per la cucina vietnamita rivisitata: piatti tradizionali serviti in chiave moderna. Molto buono e persino molto instagrammabile, merch incluso.

Poi finalmente passeggiamo lungo la via dei libri (Nguyen Van Binh), che non vedevo l’ora di visitare, una stradina pedonale piena di librerie, chioschi e caffè letterari, che sembra fatta apposta per rallentare. Ammetto che me l’ero immaginata diversamente, forse più lunga o più tradizionale, non so. 

Immancabile la visita alla Posta Centrale, pur senza spedire cartoline come invece vi consiglierà chiunque di fare (più per pigrizia che per avversione), che si rivela un’opera architettonica pazzesca! Progettata da Gustave Eiffel (sì, proprio lui, proprio quell’Eiffel): soffitti alti, archi in ferro e mappe antiche alle pareti e una foto gigante di Ho Chi Minh sulla parete opposta all’ingresso.

Ho già detto che sono un tantino nazionalisti da queste parti?

Di fronte alle poste c’è l’imponente Basilica di Notre Dame, costruita alla fine dell’Ottocento con mattoni rossi importati direttamente dalla Francia. Peccato fosse in ristrutturazione: niente guglie da ammirare, solo impalcature. Mannaggia!

La sera ci concediamo una pizza, perché non vorrei che dopo due settimane di astinenza mi ritirassero la cittadinanza. E quindi, lanciamoci! 

E contrariamente ad ogni aspettativa, raga… buonissima! La sera ci concediamo una pizza, contrariamente a ogni aspettativa… buonissima! Giuro, segnatevelo: Pizza 4P’s (è una catena, in realtà) ma pare sia molto famosa in Vietnam e devo dire che da italiane si è rivelata una delle migliori mai mangiate all’estero. Consiglio la specialità: pizze half & half (due gusti in una) e per i più coraggiosi quelle con burrata fresca (!).

Sabato 16 agosto 

Questa è stata una mattina difficile. Anzi, la più difficile di tutto il viaggio. 

Siamo andate al Museo dei Residuati Bellici.

Fuori, nel cortile del museo, ci accolgono carri armati, elicotteri e bombardieri americani: giganti di ferro che non avevo mai avuto modo di vedere così vicino. Fortunatamente, aggiungerei. Sembrano quasi in posa e io suonerò terribilmente banale nel dirlo, ma sembrano mastodontici!

Entriamo poi nel palazzo vero e proprio. E cala il silenzio tra noi. Non posso che misurare le parole che utilizzerò per descrivere quanto visto, letto e sentito, ma vi devo raccontare cosa non voglio dimenticare. All’ingresso del secondo piano, come una sorta di ironia crudele, campeggia un estratto della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, del 1776, con le sue promesse di libertà e uguaglianza. Poi si entra, e quelle stesse promesse si sgretolano davanti alle prove dello scempio compiuto.

Dentro la sala e in tutte quelle che seguiranno, ci sono fotografie. Fotografie impietose di bambini in fuga avvolti dalle fiamme del napalm, donne che stringono corpi senza vita, uomini mutilati dalle bombe a grappolo. Immagini che non lasciano scampo e che ti costringono a guardare. Non è un museo neutrale, è un pugno nello stomaco che non vuole edulcorare nessuna pillola.

Esco con la sensazione di avere addosso un peso.

Ed è forse giusto così, è a questo che servono questi edifici: a tenere viva la memoria di quello che è stato, come monito per il futuro, e perché viaggiare significa anche questo, confrontarsi con la parte più dura della Storia.

Una parte di me non riesce ad evitare di pensare che non riusciamo mai ad evolvere come specie animale. Comunichiamo in tempo reale con la Nuova Zelanda, mandiamo sonde su Marte, siamo solo all’inizio della rivoluzione cui ci porterà l’intelligenza artificiale e poi?

Poi cambiano i contesti e probabilmente le motivazioni (seppur di poco, se ci pensate) e non riusciamo ad evitare conflitti bellici, massacri di civili, genocidi. 

 

L’idea di appartenere al genere umano mi dà come una vergogna. Quando penso che mi esaltavo perché andremo sulla Luna. Ma che senso ha andar sulla Luna quando sulla Terra facciamo quello che ho visto oggi a Hué? Passano i secoli, i millenni, diventiamo sempre più bravi a inventare le macchine, a volare più lontano e più alto, eppure restiamo le squallide bestie che non sapevano accendere nemmeno un fuoco, rotolare una ruota.

Niente e così sia, Oriana Fallaci (1969)

 

(Post scrittum. Ancora non sapevo, mentre scrivevo questi appunti, né dell’agghiacciante peggioramento della guerra a Gaza né tantomeno che, poche settimane dopo, mi sarei trovata davanti a una mostra di Banksy a Modica. E sapete qual era una delle opere più forti? La celebre fotografia della bambina ustionata dal napalm, quella stessa immagine vista tra le sale del museo a Ho Chi Minh, ma qui accompagnata dai sorrisi plastici di Topolino e Ronald McDonald, simboli dell’America consumista. Un cortocircuito visivo che mi è sembrato un segno, una coincidenza che non è mai solo tale.)

Forse il cosmo lo sa: appena usciamo dal museo scoppia un temporale come solo nel sud-est asiatico si può vedere. Ci rifugiamo al Hum Lounge, locale vegetarian-chic (aggettivo che ho appena scoperto e mi fa molto sorridere) in District 3, rinnovato da poco, con arredi che mixano design contemporaneo e richiami naturali. Il menù è tutto ispirato al mondo vegetale ma sorprendentemente ricco, con piatti elaborati che danno valore agli ingredienti locali. Un locale che potrebbe trovarsi in qualsiasi capitale europea, e restiamo lì ad aspettare che spiova. Il suono della pioggia nel giardino interno è una delle sensazioni più rilassanti che mi porto via insieme al caos del Vietnam.

Quando il cielo ci concede una tregua, voliamo al celebre The Café Apartment, il palazzo di 9 piani al 42 Nguyễn Huệ Street che un tempo ospitava funzionari statali, ufficiali americani e abitazioni ordinarie. Oggi ogni piano è un micro-mondo: caffè indipendenti, boutique di moda, locali con bal­coni che guardano la walking street, corridoi piastrellati che profumano di caffè, muri con opere d’arte, scale interne che scricchiolano sotto i passi.

Ceniamo velocemente, poi saliamo al rooftop del nostro hotel, l’Above Saigon: la vista spazia sullo skyline che alterna grattacieli futuristici e casette coloniali, luci che scintillano mentre la città continua a pulsare sotto di noi.

Mi sembra un bel modo per celebrare l’ultima notte in Vietnam. 

E questo piccolo popolo che si è battuto e si batte contro gli eserciti più forti del mondo, e da anni si lascia rovesciare addosso M16 e bombe da mille chili e napalm, senza cedere, questo piccolo popolo che sa d’essere il teatro di tutti i cinismi, di tutte le avidità presenti e future, e tuttavia non cede, questo piccolo popolo ti fa quasi accettare la guerra. Perché è il solo popolo al mondo che oggi si batte per la libertà.

Niente e così sia, Oriana Fallaci (1969)

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E come sempre, ecco l’attrezzatura rivelatasi utilissima per me:

K-way: nel sud est asiatico sarà una sorta di seconda pelle.

Nikon D3200: piccola e meravigliosa scoperta! Leggera e compatta, amica fedele, zoom impagabile

Zaino Oakley: super comodo, resistente e soprattutto impermeabile

Jungle spray: tra le zanzare e altri insetti tropicali non meglio identificati il Jungle è una manna dal cielo!

Kindle: ovviamente, come in tutti i lunghi viaggi. Come sapete, le letture che mi hanno accompagnato in questo viaggio sono state Niente e così sia, di Oriana Fallaci, e Quando le montagne cantano, di Nguyễn Phan Quế Mai

Francesca Bianchi
Francesca Bianchi
Crede nelle affinità elettive e nel silenzio di prima mattina. Ha un debole per i cinema all'aperto, per i punti elenco e per Milano. Nella vita reale si occupa di sanità, ma SALT le fa battere il cuore.
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